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Migranti, lo scontro nel governo tra Minniti e Delrio. Gentiloni: "Non possiamo chiudere i porti"

di Giulio Bucchi domenica 13 agosto 2017
2' di lettura

"Potevi evitare di dirlo sui giornali". È stata più o meno questa la frase con cui il premier Paolo Gentiloni si è rivolto al sottosegretario all'Economia Mario Giro. Il motivo è semplice, e prevedibile: l'intervista di Giro a La Stampa, in cui domenica mattina si annunciava, di fatto, come il codice di comportamento delle Onlus imposto dal ministro degli Interni Marco Minniti sia carta straccia. Non a caso, poche ore dopo quell'intervista ecco il primo, incredibile caso: la nave Vos Prudence di Medici senza Frontiere, una delle Ong ribelli che non hanno firmato quel protocollo, che effettua il trasbordo di 127 migranti su due unità della Guardia Costiera, fuori dalle acque territoriali italiane, dribblando di fatto il divieto di attraccare al porto di Lampedusa. Come dire: le Ong ribelli continuano a fare quello che hanno sempre fatto, affidando poi l'ultimo tratto di viaggio dei migranti alle nostre navi, trasformate a loro volta in taxi del mare. Un aggiramento della legge che ha fatto saltare sulla sedia Minniti, che avrebbe "suggerito" a Gentiloni la telefonata a Giro. Il problema, per il Viminale, è che il viceministro già consigliere dell'ex ministro montiano Andrea Riccardi e molto vicino alla Comunità Sant'Egidio esprime al meglio una sensibilità cattocomunista assai diffusa nel governo. Non a caso per oggi al Consiglio dei ministri si preannuncia uno scontro infuocato tra Minniti e Graziano Delrio. Il ministro delle Infrastrutture e dei Trasporti propende per la linea-Giro e proprio dal suo Ministero, secondo il codice Minniti, dipende il via libera ad entrare nei porti italiani delle navi delle Ong ribelli e soprattutto la scelta degli stessi porti. Un conflitto evidente con il Viminale, visto che le posizioni sul tema dell'accoglienza ai migranti sono discordanti. Come suggerisce anche il Corriere della Sera, Minniti è in particolare sintonia con il segretario del Pd Matteo Renzi (consapevole della popolarità elettorale della "linea dura"). Il premier Gentiloni, però, sembra pendere dall'altra parte: rispetto del diritto internazionale, obbligo di salvataggio dei migranti e soprattutto un imperativo che di fatto azzera il piano Minniti. "Noi non possiamo fare come Malta e Tunisia", ha spiegato il premier. Vale a dire: non possiamo chiudere i porti, a nessuno. 

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