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Giustizia, i processi lenti saranno responsabilità dei magistrati

I procedimenti lenti saranno responsabilità dei magistrati: la nuova norma
di Francesca Canelli domenica 17 novembre 2013

2' di lettura

La lentezza della Giustizia italiana è proverbiale, tanto da essere diventata un termine di paragone per gli altri stati dell'Ue, e tanto da far piovere ogni anno condanne dalla Corte di Strasburgo sull'eccessiva lentezza dei processi. Come riporta il Fatto Quotidiano, solo l'anno scorso sono stati 1280mila i procedimenti caduti in prescrizione. Eppure l'articolo 111 della Costituzione dovrebbe garantire la "ragionevole durata dei processi". Responsabilità dei tribunali - Così il Consiglio superiore della magistratura ha deciso di introdurre una nuova norma, che entrerà in vigore mercoledì 13 novembre e che avrà lo scopo di limitare lo spreco di tempo e spazio che ogni attività giudiziaria porta con sé. I presidenti dei tribunali e le corti d'appello saranno mobilitati e responsabilizzati. Per loro diventerà un obbligo prevenire e porre rimedio ai ritardi nel deposito dei provvedimenti da parte dei magistrati addetti ai loro uffici. Tanto che una mancata osservanza dell'ordine provocherà effetti negativi sulla loro carriera. Le nuove regole si applicheranno anche alla Corte di Cassazione: ogni sei mesi i dirigenti dovranno presentare un esposto sul rispetto dei termini di deposito dei provvedimenti  da parte dei magistrati dell’ufficio; e in presenza di situazioni di criticità dovute a carenze organizzative, il dovere di adottare “sollecitamente” i provvedimenti necessari per rimediare: dal riequilibrio nella distribuzione dei fascicoli, al potenziamento di alcuni settori o sezioni.  Il singolo magistrato - Se la lentezza non dovesse essere legata a un problema di organizzazione, ma un singolo magistrato, il capo del tribunale è tenuto a intervenire. Non solo segnalando il caso ai titolari dell’azione disciplinare e cioè al ministro della Giustizia e al Procuratore generale della Cassazione, ma anche promuovendo lo smaltimento dei procedimenti "ritardatari" attraverso la programmazione con il giudice interessato di un piano di rientro sostenibile. Se non bastasse, il dirigente dovrà disporre l’esonero del magistrato in questione dall’assegnazione di nuovi processi o da specifiche attività giudiziarie, oppure la redistribuzione dei procedimenti all’interno della sezione.

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