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Gli statali sono troppi?Sì, lo dicono gli statali

Il 75% di chi ha un dipendente pubblico in famiglia confessa che l'apparato burocratico è eccessivo. Lo ammettono persino loro: serve una sforbiciata
di Andrea Tempestini domenica 21 luglio 2013

3' di lettura

Il protrarsi della crisi sta evidenziando un sempre maggior scostamento tra due ali della società italiana. Tra chi sente e chi non sente nella pratica gli effetti della stessa. Ovvero, tra chi ha perso il lavoro, chi lavora in proprio (a qualsiasi livello) che è quasi come se lo avesse perso e tra chi ha uno stipendio fisso che, magari rimanendo sottotono visto il clima generale, non ha nel quotidiano modificato il suo tenore di vita, il suo regime di spesa. Perché lo stipendio, per quanto piccolo, a fine mese arriva sempre uguale. A dire il vero questo insieme dovrebbe essere poi diviso in due categorie: quella dei lavoratori del privato e quelli del pubblico privato. Mentre i primi, pur se occupati, vivono nella paura di perdere l’impiego, perché sanno che la crisi prima o poi, a catena, contrae tutti i settori economici, i secondi sono praticamente inamovibili e alla fine vivono tranquilli. È proprio su questi ultimi che mi voglio concentrare. Il lavoro pubblico, in Italia, incide circa il 13,5% del lavoro tutto (considerato anche quello non regolare) e allo Stato costa grossomodo all’anno 170 miliardi di euro, indicativamente l’11% del Pil nazionale, un dato che, stando alla pubblicistica, si allinea a quello della media europea.  C’è un ma. Siccome il numero medio di componenti la famiglia italiana è circa di 2,4, questo dato, rapportato a quel 13,5% prima citato, significa che all’incirca in una famiglia su tre c’è un lavoratore pubblico. È un dato che certamente colpisce. Ed è anche il dato che emerge anche da un nostro recente sondaggio su un campione rappresentativo di italiani adulti (a dimostrazione che noi i sondaggi li facciamo bene).  A questo campione abbiamo anche chiesto se pensassero che questo numero di impiegati pubblici fosse adeguato o inadeguato. La risposta è stata sorprendente. L’84% degli italiani adulti ritiene che il numero sia troppo elevato in considerazione alle reali esigenze dello Stato, ma ancora più importante è quel 75% rilevato tra chi ha un dipendente pubblico in famiglia. Tre su quattro.  E chi sono questi fortunati? Sono in grande maggioranza persone che si dichiara di sinistra. Quasi la metà di chi vota dice Pd, pochi Sel, pochi gli altri partiti. Circa il 20%  Pdl. Vi sono meno diplomati che non a livello nazionale, ma più laureati e più “terze medie”, cioè le fasce più basse e quelle più alte del grado di istruzione. Al 44%, contro il 28% dei non-statali, si concentrano nel Sud Italia. E mentre per loro la chiave principale per fare ripartire l’Italia è creare un sistema stabile, meno burocratico e più semplice da governare, per gli altri è, prosaicamente, abbassare le tasse.  Due Italie, una più fortunata dell’altra. Eppure la crisi sarebbe di tutti.  Ricordandomi che il lavoro pubblico rappresenta circa l’8% del debito italiano, un collega economista mi ha detto proprio pochi giorni fa: «se in questo periodo terribile tutti i cittadini devono fare sacrifici per cominciare a risparmiare anche dalle piccole cose,  di questi signori bisogna mandarne un po’ a casa. O allora che si paghino di meno». D’altronde Bankitalia ci ha appena comunicato che il debito italiano è ancora cresciuto. di Arnaldo Ferrari Nasi

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