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Firenze, scandalo escort: i segreti nel cellulare di una romena

La vicenda delle escort a Palazzo Vecchio: Adriana, la persona-chiave
di Andrea Tempestini domenica 23 giugno 2013

Matteo Renzi

3' di lettura

Mezza Firenze, quella che conta, pende dal cellulare di Adriana la romena. È una delle ragazze coinvolte nel presunto scandalo delle escort a Palazzo Vecchio, una storia fumosa fatta di prostituzione, coperture, omissis della Procura che, intanto, ha già indagato 14 persone. Tra questi ci sono i fratelli Taddei, proprietari dell’hotel Mediterraneo e del Villa Fiesole, che secondo le indagini avrebbero “tollerato” il viavai di 140 ragazze dell’est e di un altro paio di centinaia di donne (studentesse, casalinghe, bariste, ecc) per i loro incontri con la Firenze bene. Medici, politici, avvocati, direttori di palestre vip, alti ufficiali, anche un giornalista, tutti finiti nelle maglie di una vicenda delicata. In tal senso è significativa l’intercettazione di Simone Taddei: «C’ho la nausea delle puttane, ce ne ho talmente tante in albergo...»).  Ma dicevamo di Adriana. Ex modella, 42 anni, ambita e richiesta da molti, che va in giro sull’Audi nera del figlio di un presidente di una squadra di calcio, e accoglie i suoi “amici” in un appartamento «messole a disposizione» nella periferia sud della città. Amici importanti, potenti, gente del Palazzo, vicini alle sale dei bottoni, così vicini da invitare qualche ragazza in uffici comunali per una sveltina. Queste, almeno, sono le ipotesi, che la magistratura saprà accertare o smentire.  Intanto, però, l’imbarazzo aumenta e travolge anche il sindaco Matteo Renzi, che per una volta perde il suo aplomb da piacione per farsi scuro in volto e annunciare: «Non voglio commentare, in Procura c’è gente seria, nulla ci è stato comunicato. Allo stato sembra che siamo parte lesa, perché è saltata fuori una storia laterale e antipatica, cioè che gli alberghi non avrebbero pagato al Comune la tassa di soggiorno. Il resto lo vedremo».  Renzi, che è uomo e politico scaltro, per non rischiare di cascare (o di essere trascinato) in qualche equivoco spiacevole, pare che faccia di tutto per evitare di trovarsi in una stanza da solo con una donna che non sia la di lui legittima moglie. Dicono che il suo incubo sia quello di essere paragonato a Berlusconi per le vicende private, oltre che per la politica.  E, in effetti, ce ne sono di similitudini con la più nota vicenda dei festini di Arcore. A partire da una frase intercettata a due clienti: «Quando ci si vede si fa a scambio di figurine», che fa il paio con «la patonza deve girare» e con «due le porto anch’io, ce le prestiamo» attribuita a Gianpi Tarantini.  Ad aggravare la situazione c’è una coincidenza che non aiuta Renzi, ovvero le dimissioni dell’assessore alla Mobilità Massimo Mattei, il quale aveva lavorato proprio con il funzionario nominato in una telefonata bollente in cui Adriana dice a un amico: «Tutto che tremava, mi ha strappato le calze, era tutto partito».  Ripetiamo, si tratta di coincidenza, anche perché l’assessore ha scritto al suo sindaco «caro Matteo, me ne vado per motivi di salute», e proprio Renzi definisce «perlomeno avventuroso collegare le dimissioni dell’assessore a una storia di escort».  In attesa di avere maggiori certezze giudiziarie sulla vicenda, i cronisti spulciano le quattromila pagine che raccolgono le 13mila intecettazioni nel tentativo di individuare altri nomi eccellenti.  L’unica certezza arriva dal motivo per cui è iniziata l’inchiesta nel 2011: una moglie gelosa. È stata la donna la prima a segnalare alla Polizia Postale il giro di prostituzione in albergo e quell’indicazione ha portato poi a un sito di incontri (tutt’ora attivo perché registrato all’estero) su cui era possibile sfogliare un album e scegliere una bella ragazza con cui passare la serata. Il nome dell’hotel e il numero della camera arrivava tramite messaggio e il resto è facilmente immaginabile.  Ecco le origini dello scandalo, che a distanza di due anni lambisce le porte dei salotti di Firenze e del Palazzo Vecchio. Poco distante da lì, in Procura, è battaglia tra il gip e il pm Giuseppe Bianco, al quale sono state rigettate le misure cautelari a esclusione di un paio di interdizioni.  C’è chi dice che «questo non sarà il bunga bunga di Renzi». Altri pensano che dipenderà tutto dal cellulare di Adriana la romena.   di Salvatore Garzillo

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