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"Ogni notizia ha un suo prezzo.E' da ipocriti indignarsiper l'intervista a Schettino" 

di Andrea Tempestini sabato 14 luglio 2012

Francesco Schettino

3' di lettura

  Francesco Schettino, il capitan Codardo della Costa Concordia, si è difeso in tv, a Quinta Colonna, un programma delle reti Mediaset. Per la sua apparizione Schettino è stato profumatamente pagato: il fatto ha suscitato polemica sul web e non solo. Secondo Selvaggia Lucarelli "è vergognoso pagarlo per la sua difesa". La risposta di Francesco Borgonovo: "La notizia ha un prezzo. E' ipocrita chi si indigna". Segue il commento di Selvaggia Lucarelli. Quando ci s’impanca a fare i moralisti bisogna andare fino in fondo. Perché limitarsi a mettere alla gogna la scelta di Mediaset di mandare in onda un’intervista - forse realizzata dietro pagamento di 57mila euro - a Francesco Schettino, l’uomo che Libero per primo ha ribattezzato «Capitan codardo»?   A questo punto, tanto vale mandare a processo tutto il sistema dei media: i programmi televisivi che fanno ascolti occupandosi esclusivamente di cronaca nera (presenti in Rai come sulle reti del Biscione); gli editori che pubblicano i romanzi dei parenti delle vittime di omicidi efferati; i giornali che macinano copie sbattendo il proverbiale mostro in prima pagina; perfino i partiti politici che si scannano per candidare  l’orfano o la vedova col famigliare ammazzato dai terroristi o dalla mafia. Sarebbe un pochettino ipocrita, non vi pare? Se esiste un mercato della disgrazia e dell’orrore, significa che ci sono persone interessate a determinate vicende. E sono tante, per giunta. Perché è semplicemente umano - per quanto a tratti sgradevole - provare un pizzico di morbosa curiosità, di attrazione mista a repulsione verso fatti di questo genere, verso gli scandali e i delitti, le atrocità e le prurigini di vario tipo. Negli ultimi anni, per dire, alcuni quotidiani e trasmissioni tivù hanno costruito le proprie fortune sullo sputtanamento delle faccende di letto di un presidente del Consiglio. Siti web  hanno accumulato milioni di accessi pubblicando i filmati intimi (e parecchio spinti) di soubrette e attricette. Trasmissioni  hanno costruito il proprio share delitto dopo delitto, plastico dopo plastico, perizia dopo perizia. E tutto ciò è talmente malato e perverso da risultare, alla fine dei conti, normale. Così come è pacifico che ai lettori e agli spettatori interessino certe informazioni: l’esistenza è fatta anche di bassezze.  Quinta colonna ha intervistato Francesco Schettino? Ha fatto bene. Renderà pubblico un documento importante o per lo meno emblematico. Non a caso, da tutto il mondo si sono precipitati cronisti a decine sotto le finestre del «comandante vigliacco» onde scucirgli una conversazione. Sono stati sborsati dei soldi per ottenere l’esclusiva? Beh, Mediaset è un’azienda privata, dunque spende i propri denari come meglio crede. L’obiettivo, d’altra parte, è quello di ottenere ascolti e pubblicità, senza i quali nessun programma d’informazione potrebbe andare in onda. Allora, di che cosa ci scandalizziamo? O spegniamo la tivù una volta per tutte o ne accettiamo la logica, pure se spietata. Dopo tutto, fino a prova contraria, Schettino affronterà un processo ed eventualmente pagherà le sue colpe tramite appropriata condanna. Fino ad allora, ha diritto ad esprimere le sue ragioni. E a farsi pagare per farlo, qualora la richiesta fosse elevata. Liberi gli italiani di sdegnarsi e cambiare canale: il giorno in cui tutti lo faranno, probabilmente televisioni e giornali si adatteranno. Fino ad allora, non facciamo le verginelle.   Uno dei più grandi scoop che la storia ricordi è l’intervista del giornalista britannico David Frost all’ex presidente Usa Richard Nixon. All’emittente costò 600mila dollari. A metà anni Novanta, il Tg3 di Sandro Curzi sborsò 30 mila dollari (50 milioni di lire) affinché Sandro Ruotolo potesse interloquire con l’ex nazista Erich Priebke. E  si trattava dell’emittente di Stato: in quel caso le polemiche erano più che legittime.   Non versiamo lacrime sull’informazione che paga per intervistare l’uomo dell’inchino. Specie quando in giro è pieno di cronisti pronti a inchinarsi anche gratis. di Francesco Borgonovo  

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