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Jonathan Peled, l'ambasciatore israeliano in Italia: "Triste la campagna elettorale su Gaza e Iran"

di Fausto Carioti lunedì 16 giugno 2025

5' di lettura

«C’è una cosa importante che tanti stanno dimenticando. L’operazione militare contro l’Iran non nasce dal nulla, all’improvviso. Non è che un giorno ci siamo svegliati e abbiamo deciso di attaccare l’Iran. Israele, negli ultimi quindici anni, ha subito l’attacco di decine di migliaia di razzi: lanciati da sud, da est, da nord. Quello che stiamo ricevendo adesso è il terzo attacco missilistico iraniano in meno di un anno. Assistiamo al culmine di una guerra molto lunga e dolorosa che stavamo subendo già prima del 7 ottobre, e che da quel giorno, naturalmente, è diventata più violenta. E mi permetta di fare una domanda, prima che io risponda alle sue».

Jonathan Peled, nato a Gerusalemme e cresciuto in un kibbutz, è l’ambasciatore di Israele in Italia dal settembre dello scorso anno. «È una domanda molto semplice», prosegue, «da fare a qualsiasi cittadino in Italia o altrove nel mondo: quanti missili sareste disposti a ricevere sulle vostre teste e sulle vostre abitazioni prima di pretendere che il vostro governo reagisca? Perché questa è la realtà in cui noi stiamo vivendo. Ed è una realtà profondamente anomala. Nessuno che non viva in Israele può comprenderla davvero».

Resta il fatto, ambasciatore, che non si è capito quale sia lo scopo della vostra operazione militare in Iran: la rimozione della minaccia militare iraniana o il “regime change”?
«Lo scopo di questa operazione è eliminare la duplice minaccia rappresentata dalla capacità nucleare – cioè impedire che l’Iran abbia la quantità di materiale sufficiente per costruire una bomba atomica – e dalla capacità balistica. Perché l’Iran, come purtroppo abbiamo visto in Israele nelle ultime quarantott’ore, possiede una capacità balistica notevole, che può causare molte morti e distruzione. Una capacità che consentirebbe ai suoi missili di colpire anche l’Europa».

Il primo ministro israeliano, Benjamin Netanyahu, ha invitato gli iraniani a unirsi contro il «regime malvagio e oppressivo» degli ayatollah: perché l’avrebbe fatto, se non per rovesciare il regime di Teheran?
«Stiamo affermando molto chiaramente che questo è un attacco contro il regime degli ayatollah, non contro il popolo dell’Iran. Non abbiamo nulla contro il popolo iraniano. E, ripeto, il regime degli ayatollah è preso di mira solo perché minaccia Israele e possiede capacità sia nucleari che balistiche.
Se così non fosse, ci saremmo fatti semplicemente gli affari nostri».

Israele ha bisogno dei missili degli Stati Uniti per distruggere i siti nucleari iraniani, nascosti in profondità. Quanto siete lontani dal raggiungere il vostro obiettivo?
«A questa domanda non ho risposta, perché non partecipo al processo decisionale militare e strategico. Ma siamo già riusciti a eliminare scienziati nucleari iraniani e a colpire i loro sistemi di difesa, e questo permette alla nostra aviazione di volare verso l’Iran e di sorvolare i siti nucleari iraniani. Continueremo a farlo, da soli».

Quanto prevede che duri il conflitto?
«Più sarà breve, meglio sarà. Abbiamo avuto una brevissima finestra di opportunità dopo che l’Aiea, il 12 giugno, ha condannato l’Iran e ha mostrato al mondo che il regime di Teheran sta violando apertamente gli impegni di non proliferazione nucleare. Erano passati sessanta giorni dall’inizio dei negoziati tra l’Iran e gli Stati Uniti e abbiamo deciso di usare questa finestra».

Il Jerusalem Post e altri media hanno scritto che Netanyahu e Trump, nonostante le apparenti divergenze, erano d’accordo da tempo sulla necessità di colpire. È così?
«Non sono al corrente di certi dettagli. Però so che gli americani erano a conoscenza dell’attacco».

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Il governo italiano e altri governi europei insistono affinché ricomincino il prima possibile le trattative tra Iran e Stati Uniti, bloccate dall’attacco israeliano.
«Abbiamo sempre detto che vorremmo raggiungere i nostri obiettivi attraverso la negoziazione. Quella militare era l’ultima opzione, siamo stati costretti ad adottarla una volta che l’opzione diplomatica è fallita. Vogliamo porre fine a tutto questo il prima possibile, e se si può eliminare la doppia minaccia dell’Iran per via diplomatica, ovviamente siamo favorevoli».

Voci dell’opposizione italiana accusano Israele di agire irresponsabilmente e portare il mondo sull’orlo di una nuova guerra mondiale. Giuseppe Conte, leader del M5S, dice che «bisogna fermare il criminale Netanyahu», e non è il solo. Cosa rispondete?
«Il mio compito è rappresentare Israele, non giudicare l’Italia. Mi permetta, quindi, di non commentare le osservazioni irresponsabili fatte da politici italiani. Ma l’ho già detto in passato e lo ripeto: è molto triste constatare che nel sistema politico italiano c’è chi fa campagna elettorale, semplicistica e grossolana, su questioni tanto complesse come le guerre con Hamas e l’Iran».

Intanto continuano le manifestazioni, in Italia e altrove, contro l’operazione militare a Gaza. Anche adesso, a Monte Sole e Marzabotto, mentre io e lei stiamo parlando, Israele è accusata di «genocidio».
«Mi piacerebbe vedere simili manifestazioni e accuse davanti all’ambasciata dello Yemen e all’ambasciata dell’Iran. Quattro arabi palestinesi sono stati uccisi da un missile iraniano, Hamas pochi giorni fa ha ucciso cinque membri della Gaza Humanitarian Foundation impegnati a distribuire aiuti umanitari ai cittadini di Gaza, ma non vedo nessuno denunciare l’Iran o Hamas per questo. C’è un approccio molto fazioso e squilibrato rispetto agli eventi che riguardano Israele».

Anche nei governi amici di Israele c’è chi prende le distanze da voi. State perdendo la guerra della propaganda, forse l’avete già persa. Questo non vi preoccupa?
«Quello che ci preoccupa davvero è difenderci, salvaguardare la nostra sicurezza. La maggior parte del mondo occidentale, Italia compresa, riconosce e accetta il diritto di Israele a difendersi e condivide la necessità che Hamas sia rimosso dal potere a Gaza e che gli ostaggi israeliani vengano rilasciati immediatamente e senza condizioni. Speriamo di riuscire a ottenere questi risultati il prima possibile. È su questo che stiamo concentrando i nostri sforzi».

Lei ha seguito quello che il ministro Antonio Tajani ha detto in parlamento sabato mattina. Come sono i rapporti con il governo Meloni?
«Abbiamo un dialogo e una relazione molto importanti e positivi con il governo italiano, con la presidente del Consiglio Meloni, con il ministro Tajani e con altri componenti dell’esecutivo. È il dialogo che si ha tra due nazioni amiche. Abbiamo molti interessi e molte minacce in comune. La minaccia del terrorismo, la minaccia dell’instabilità in Medio Oriente e la minaccia che l’Iran rappresenta per l’Europa - in questo caso per l’Italia - sono preoccupazioni che condividiamo con il governo di Roma. Tra amici non si è necessariamente sempre d’accordo su tutto, ma si mantiene un confronto aperto e sincero, nel quale ci si scambia opinioni, ci si comprende e si possono spiegare le proprie posizioni a vicenda».

Giorgia Meloni, Donald Trump e gli altri leader del G7 sono riuniti in Canada. Discutono di Israele e Iran. Cosa si aspetta il suo governo da questo vertice?
«Il G7 è un forum molto importante e ovviamente l’Italia è un attore fondamentale tra i sette. Gli Stati Uniti, il Canada e altri nostri amici presenti discuteranno della situazione. Mi attendo che il G7 concordi sull’esigenza di rimuovere la minaccia nucleare iraniana e di rendere il Medio Oriente, l’Europa e il mondo luoghi più sicuri. Israele sta conducendo una guerra per l’Occidente e dunque, se vogliamo, anche per il G7. Crediamo - e speriamo che questo venga compreso e riconosciuto».

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