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Magistratura e corruzione, Renato Farina: "Quelle frasi di Nicola Gratteri già a febbraio", ora si capisce tutto

di Renato Farina venerdì 22 maggio 2020

3' di lettura

Forza, cari fratelli magistrati d'Italia, rivoltate un po' anche il vostro calzino. Ci sembrate un pochino timidi nel prendere sul serio un sano desiderio di autoriforma. Come avete già lavato e rilavato da circa tre decenni i calzini degli altri, specie dei politici e degli imprenditori, al punto che spesso la calza l'avete bucata causa l'uso dello stivaletto cinese, ora magari dirigetevi con la consueta moderazione e sobrietà a dare una spazzolatina anche ai pedalini vostri. Non è un appello ironico. Abbiamo bisogno di veder documentato da fatti e risultati che l'articolo 3 della Costituzione, che predica uguaglianza, vale anche all'interno dell'ordine giudiziario, il quale non è affatto al di sopra di ogni sospetto. Fate presto, l'allarme sociale ormai riguarda anche la affidabilità non più soltanto dei poteri legislativo ed esecutivo (i quali sono sottoposti comunque al vaglio elettorale) ma anche di quello relativo alla Giustizia, che non è sottoposto ad alcun giudizio tranne quello dei suoi associati.  Il solo modo di rimediare alle brutte figure che i vostri leader - dirigenti sindacali o membri del Csm o distaccati nei ministeri - hanno fatto rivelando grazie ad un Trojan (uno solo, e guarda che casino) di che maneggi grondi il vostro mondo, è fare bene e imparzialmente il vostro dovere di controllo della legalità, controllando i peli sullo stomaco che le toghe rese trasparenti dalle intercettazioni hanno rivelato.

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FONTE AUTOREVOLE
Non è che questa idea l'abbiamo pescata nel vaso della lotteria parrocchiale. Si tratta di trasformare in ipotesi investigativa la denuncia fatta da uno tra i procuratori più eminenti e coraggiosi, Nicola Gratteri, che dirige l'ufficio inquirente di Catanzaro. Non è fresca questa requisitoria pubblica: fu pronunciata il 9 febbraio, su Rai 3, da Lucia Annunziata. Il procuratore anti- 'ndrangheta per eccellenza non fu generico. Diede i numeri: «In magistratura c è un problema di corruzione. Possiamo parlare del 6-7%, non di più. Grave, terribile, inimmaginabile, impensabile, anche perché guadagniamo bene. Io guadagno 7.200 euro al mese, si vive bene, quindi non c'è giustificazione, non è uno stato di necessità, non è il tizio che va a rubare al supermercato per fame. Si tratta di ingordigia».

Subito dopo, Gratteri e le sue parole sparirono dai mass media, nessun magistrato corse in tivù o organizzò conferenze stampe per annunciare: rivolteremo le toghe come calzini. Allora parve non una notizia generale di reato, ma un'intemerata, una esagerazione, e fu imbalsamata subito. A differenza della gara di emulazione che di solito si scatena tra le varie procure quando si apre un filone ad alto tasso di visibilità mediatica, stavolta zero. Eppure non erano fanfaluche campate in aria. Poche settimane prima, era stato aperto un fascicolo per corruzione in atti giudiziari, con aggravanti mafiose, riguardante un giudice della Corte di appello del medesimo Tribunale calabrese. Era una pratica isolata? Nessun fermento sotto le toghe.

CALABRIA E PUGLIA
 Restammo delusi, ma anche silenti: non bisogna schiacciare la coda dell'ermellino. Vista però l'autorevolezza della fonte non ci era parsa una illazione, e ce l'annotammo. In questi ultimi giorni, dopo l'arresto e l'apertura di fascicoli per reati corruttivi riguardanti i vertici delle Procure in due sedi giudiziarie pugliesi, Taranto e Trani, quell'allarme ci sembra addirittura una notizia data in anticipo. Coraggio, signori della Corte e delle Procure, esplorate nelle cantine dei Palazzi di giustizia. Gratteri non è un igienista maniaco, se parla sa, e se invece ritenete stia diffamando una istituzione dello Stato, indagatelo.

BESTIA RARA
Ci rendiamo conto che il Procuratore calabrese è una bestia rara. Non si era mai vista una toga famosa che individuasse il marcio entro gli orli della propria divisa. Nella storia d'Italia degli ultimi trent' anni è stata la politica il campo privilegiato di rastrellamento delle patate marce (quasi tutte). Non rifacciamo qui la storia di Mani pulite. Ci piace ricordare che l'ordine giudiziario comunicò allora il suo intendimento di farsi avanguardia del popolo per realizzare la "rivoluzione italiana" (definizione del procuratore generale di Milano, Giulio Catelani). Uno tra i più brillanti pm utilizzò proprio l'espressione per cui si trattava di "rivoltare l'Italia come un calzino". Vorremmo la stessa determinazione nel bonificare la palude della giustizia, senza bisogno di intercettazioni sputtananti e suicidi in carcere. Non devono farla franca i giudici corrotti Se Gratteri ha ragione si tratta del 6-7 per cento del totale. Si tratta di 400-450 delinquenti impuniti che fanno mercimonio del bene più delicato e sacro che esiste: la libertà dei cittadini.

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