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Carabinieri Piacenza, il pm di Tangentopoli Italo Ghitti: "Tribunale paralizzato, non potevano non sapere"

lunedì 27 luglio 2020

2' di lettura

"Impossibile non vedere", così Italo Ghitti, magistrato al centro dell'inchiesta Mani Pulite - fu lui a firmare l'arresto di Mario Chiesa -, intervistato da Repubblica. L'ex pm, oggi 73 anni, ha fatto parte del Consiglio superiore della magistratura. Ed è andato in pensione nel dicembre del 2017, dopo aver ricoperto per cinque anni il ruolo di presidente del Tribunale di Piacenza. E proprio del caso della caserma Levante e dei sei carabinieri arrestati parla Ghitti. Di lui il giorno del fermo cancelliere dell'ufficio giudiziario ha detto: "Ghitti aveva capito tutto".  Cosa aveva capito? "Sbagliate prospettiva. Il punto non è: i superiori non potevano non sapere. La questione è: non si poteva non vedere. Quello che succedeva era sotto gli occhi di tutti". Ghitti, riporta il quotidiano, era stato l'unico a porre pubblicamente il problema degli arresti fotocopia, una quarantina negli ultimi tre anni quelli della caserma Levante, effettuati dal gruppo dell'appuntato Giuseppe Montella.

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Lo aveva fatto in un luogo a lui familiare, un'aula di tribunale, durante l'ennesimo processo per direttissima a un cittadino extracomunitario beccato con una dose minima di sostanze stupefacenti. "Dissi quello che era quasi un'ovvietà. Che senso aveva fare tutti quegli arresti per quantità risibili di droga? Il Tribunale - ricorda - era paralizzato da decine di procedimenti del genere che non portano a nulla. Era evidente che l'unica spiegazione possibile dietro quella sfilza di processi erano le statistiche. Pensavano alla quantità degli arresti e non la qualità. Hanno costruito carriere sulle statistiche e con le conferenze stampa. Quello che è successo con i carabinieri della Levante era inevitabile. E, infatti, era già successo". 

Nell'aprile del 2013, dopo un'indagine condotta dai carabinieri, furono arrestati sei poliziotti della squadra narcotici: l'accusa per gli agenti, poi cementata da sentenze definitive con condanne fino a 20 anni, riporta Repubblica, era di essersi prestati a fare da intermediari tra broker della droga e spacciatori su piazza, loro informatori. In quei casi non c'erano state botte né torture. "L'inchiesta del 2013 è una fotocopia di quella sui carabinieri. Io però non ho mai avuto alcun sentore delle violenze degli uomini di Montella, né ho mai notato lividi o segni di percosse sugli imputati durante le direttissime. Mai nessuna segnalazione da parte dei loro avvocati. Altrimenti avrei subito denunciato". Poi aggiunge: "Oggi se non si cambia il sistema che fabbrica carriere grazie alle statistiche degli arresti, tra due, tre anni, o magari anche meno, ci indigneremo per un altro caso Levante". 

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