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Pomodoro, non c'è più latta per le conserve: "Il frutto marcirà nei campi". La crisi dell'acciaio, un disastro per l'Italia

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Ideati inizialmente dal francese Nicolas Appert, e consacrati una volta per tutte all'Esposizione di Parigi da Francesco Cirio nel 1867, le lattine che contengono i pomodori pelati sono ormai uno dei fiori all'occhiello della filiera alimentare italiana. Mentre in passato il problema poteva riguardare un'offerta troppo bassa per soddisfare la domanda, oggi il problema principale riguarda i contenitori. Infatti, dalla metà di luglio in avanti, quando la raccolta dei pomodori entra nel vivo, il rischio è quello di avere tonnellate di pomodori, ma senza la classica lattina che consente di trasportarli e soprattutto conservarli. L'Italia è tra i leader mondiali di produzione di conserve: sono oltre 5 milioni le tonnellate processate, testa a testa con la Cina e dietro soltanto agli Stati Uniti d'America. 

 

 

Secondo quanto riporta La Repubblica, due terzi finiscono nelle latte di banda stagnata, il materiale che arriva in forma di bobine d'acciaio prevalentemente dalla Cina, per poi essere trasformato in barattoli dalle nostre imprese. "Poche grandi multinazionali e tante Pmi - spiega Giovanni Castelli, direttore di Anfima, l'associazione nazionale italiana dei Fabbricanti di Imballaggi Metallici e affini - concentrate in Emilia e tra Napoli e Salerno", vicino alle coltivazioni di pomodoro. "In pochi mesi il prezzo delle bobine è passato da 400 a oltre mille dollari a tonnellata" sottolinea Natasha Linhart, Ceo dell'azienda bolognese Atlante.

 

Ad essere colpito dall'aumento del prezzo dei materiali, non è stato soltanto il settore dei pomodori: "A fine 2020 i fornitori di birra hanno iniziato a tagliare i marchi minori, per la scarsità di lattine. Ma per l'agroalimentare è un'emergenza seria" aggiunge Linhart, avvisando che il rischio che si corre è quello di "lasciare i pomodori a marcire sui campi". A colpire il settore anche in questo caso sono state le conseguenze della pandemia. Mentre le acciaierie avevano abbattuto la produzione, in reazione alla domanda dell'industria automobilistica finita al tappeto, la domanda di alcuni prodotti di consumo - soprattutto alimentare - è schizzata alle stelle. 

Tutti hanno iniziato a fare scorte in casa, in particolare di polpa di pomodoro e pelati. I magazzini sono così stati svuotati e una volta ristabilitasi la domanda normale, i produttori dei semilavorati sono rimasti indietro: "Ci vogliono due anni per potenziare le linee degli stabilimenti" commenta Linhart. E a svolgere un ruolo cruciale è l'importazione di materiale dall'estero, con i sindacati che spingono su investimenti all'ex Ilva di Genova per incrementare la produzione di banda stagnata: Sono soltanto 100mila le tonnellate prodotte, a ridosso di un fabbisogno nazionale che si aggira intorno alle 800mila. 

 

Se a questo contesto si aggiunge l'aumento dei costi di trasporto e il fatto che i detentori della materia hanno iniziato ad accumulare per sé, si spiegano gli aumenti dei prezzi: "La banda stagnata pesa al 60-65% sul costo del barattolo" afferma Castelli. "Su una lattina da mezzo chilo, sono 3 centesimi di aumento" commenta Linhart. "Tantissimo per un prodotto che costa così poco". Mai come ora tutto è così incerto. "L'unica certezza" dice Giovanni De Angelis, direttore di Anicav, associazione dei conservieri "è che l'aumento del costo dell'acciaio, con i rincari di etichette, cartoni e plastica, graverà sul costo dei prodotti finiti". 

 

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