Corsa a ostacoli

Elezioni truccate? Francesco Storace: così il governo gioca sporco con le mascherine

Francesco Storace

Circola una qualche allergia al voto popolare dalle parti di Palazzo Chigi, al cui cospetto non si sono mai dovuti inchinare. E forse ha ragione chi da ieri sera comincia a dire che probabilmente circolano sondaggi di quelli "veri". Quante volte ne abbiamo chiesto conferma nelle varie campagne elettorali di fronte ai numeri sfornati a bizzeffe...Se dal Palazzo del governo, ma non è che al Colle si stiano sbracciando nel nome della democrazia, si fissano paletti, ostacoli e magari cavalli di frisia all'esercizio del diritto di voto dei cittadini per i referendum di domenica prossima, vuol dire che se la stanno facendo davvero sotto. Quei famosi sondaggi "veri" magari non sono cosi negativi sul quorum. Però diventa francamente nauseante essere costretti a mettere in fila i tentativi di sabotaggio dei referendum sulla giustizia. Come a dire, i cittadini non si impiccino dei fatti nostri, non ci tolgano il diritto a manovrare anche nei tribunali. Prima hanno cominciato con una censura orrenda. Mentre in Rai tramavano Fuortes e compagni nel vero senso della parola - su nomine dal sapore della vendetta, la censura sul voto di domenica è stata massiccia. Qualche amico direttore di tg o conduttori di trasmissioni si inquieta nel veder spiattellata sui giornali, il nostro in particolare, una glaciale carenza informativa sul voto che riguarda decine di milioni di cittadini italiani. Ognuno dice di aver trasmesso qualcosa: alzi la mano chi se ne è accorto. Sulla giustizia ci vuole la rivoluzione, non qualcosa. Ma non basta il bavaglio, la censura ancora non sortisce i suoi effetti. Sembra l'esercito russo che non riesce a sopraffare Kiev nonostante i piani. E l'ultimo missile sparato contro il diritto del popolo a sapere su che cosa si vota si chiama "demotivazione".

 

 

 

UN SOLO GIORNO

Che cosa di altro si sono inventati i cremlinologi di Palazzo Chigi? Anzitutto non vi facciamo votare domenica e lunedì. Accontentatevi di un giorno solo che qui abbiamo da fare, altro che democrazia. Poi, fresca fresca - e sembra uno scherzo visto il clima - la notizia tirata fuori dal leghista Claudio Borghi: sapete che c'è? Al seggio presentatevi in mascherina sennò non vi facciamo votare. Ma nessuno ce l'aveva detto. Speriamo che domenica arrivi presto sennò a questa brava gente che ci governa con gli effetti speciali verrà pure l'idea del ripristino festivo una tantum del green pass per impedirci di andare alle urne. La trovata della mascherina al seggio è stata resa nota solo ieri. La maggior parte di noi si è disabituato al suo utilizzo. Eppure tra Roberto Speranza e Luciana Lamorgese si sono messi di buzzo buono per farsi maledire dagli elettori italiani. Esplode Borghi: «Mascherina obbligatoria per votare, ma voi state male. E se uno non ce l'ha che fa, non vota? Ma siete pazzi». E meno male che il deputato leghista si è preso la briga di esaminare la documentazione preparata per i rappresentanti di lista del Carroccio (qualche partito esiste ancora, ditelo a Draghi). Ed è spuntato il "protocollo sanitario e di sicurezza per lo svolgimento delle consultazioni elettorali e referendarie in programma il 12 giugno". Quindi, interrogazione a razzo, anche se a Parlamento blindato proprio per la settimana elettorale.

 

 

Il tuo browser non supporta il tag iframe

 

L'INTERROGAZIONE DI BORGHI

Scrive Borghi: «Poiché è possibile che una larga parte della popolazione rischi di essere respinta al seggio in quanto sprovvista della mascherina, da tempo non più richiesta per le comuni attività quotidiane, cosa si intende fare per garantire urgentemente il diritto di voto a tutti?». Mica è finita. Perché perdura anche il silenzio di chi comanda. Pure ieri Matteo Salvini - che è uno dei leader della maggioranza di Draghi - ha chiesto che parlino sul tema referendario, o meglio sul diritto di voto per i cittadini, proprio Draghi e il presidente della Repubblica Sergio Mattarella. Che stanno zitti zitti, quatti quatti nei loro palazzoni dorati. Una loro parola avrebbe il significato di uno shock mediatico, ma non c'è ancora traccia di un intervento. Come chicca finale, la sfrontatezza del sindaco di Firenze Dario Nardella. Costui, tanto per farsi notare, anziché abbracciare il referendum come un tempo faceva con i cinesi, ora dice che non vuole votare perché è una bandiera di Salvini. Preferisce le banderuole, evidentemente, che abbondano dalle sue parti politiche, la gang degli impauriti da Enrico Letta. Ma andate al diavolo, noi andiamo a votare.