La scoperta

Claudio Campiti-choc: a che vip ha scritto l'uomo della strage di Fidene

Si fanno via via più chiari i contorni della strage di Fidene di domenica scorsa, dove sono morte tre donne e sono state ferite altre tre persone per mano di Claudio Campiti, durante la riunione del consorzio Valleverde, nel gazebo di un bar alla periferia di Roma. Stando alle prime ricostruzioni, il killer avrebbe sparato contro il consiglio di amministrazione del consorzio di case vacanza in provincia di Rieti perché era in continua lite con loro. A scatenare la furia omicida dell'uomo ci sarebbero, dunque, antiche ruggini condominiali per la gestione del condominio. Ma non ci sarebbe solo questo. Il 57enne, ex imprenditore e assicuratore, era pervaso di rabbia sin dal 2012, ovvero sin da quando ha perso il suo figlio 14enne, Romano, in un incidente sulle nevi della Val Pusteria, in provincia di Bolzano.

 

 

Dal 2012 ad oggi. Dieci anni di battaglie per ottenere giustizia per il figlio scomparso in un assurdo incidente in slittino, mentre prendeva lezioni, sulla Croda Rossa. La convinzione del padre è che la pista fosse pericolosa, troppo per un ragazzo senza alcuna esperienza. Così Campiti ha affidato tutta la sua disperazione a un blog, nel quale, a nome del figlio, raccontava il costante impegno per la verità, poi certificata dalla condanna definitiva di tre persone. Eppure, nonostante la giustizia fosse dalla sua parte, la sua angoscia non si sarebbe placata. Anzi. Da lì in poi l'uomo ha iniziato a inviare lettere ai giornali per riportare attenzione sul caso di suo figlio o per commentare quello di altri giovani. Ha incontrato amministratori locali, ha denunciato in Procura la pericolosità delle piste e la mancata manutenzione, ha telefonato all’Istituto di sanità per conoscere le statistiche sugli incidenti sulla neve. Ha perfino scritto lettere a politici e personaggi famosi, tra cui Reinhold Messner, uno degli scalatori più famosi al mondo.

 

 

Negli ultimi tempi, però, la sua ossessione era passata al consorzio sul lago di Turano, dove lui stesso aveva comprato all'asta lo scheletro in cemento di una casa, mai, però, completata, e dove tutt'ora viveva, sebbene fosse senza acqua e senza elettricità. Campiti contava di ristrutturarla ma, forse a causa di problemi con le spese di gestione, non ce l’ha fatta. E chiedeva agli amministratori di poter avere l’abitabilità nel locale in cui viveva. A questo proposito, l'uomo utilizzava anche un blog, Benvenuti all'inferno, in cui raccontava del suo rapporto conflittuale con la struttura Valleverde. Così il rancore ha preso gradualmente il sopravvento, fino a farlo armare con la convinzione di potersi vendicare uccidendo delle persone innocenti. 

 

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