Finalmente adesso Benedetto XVI riposa. Il corpo almeno. L'anima speriamo che invece si agiti per soccorrerci. Riparato dai marosi della vita e dai chiacchiericci curiali dalla matrioska di tre bare (la prima in legno chiaro di cipresso, indi la cassa di zinco, infine quella scura di rovere) se ne sta nel nascondimento delle Grotte Vaticane. Giace proprio lì, nell'angusto spazio di terra dove, prima di essere proclamato santo e traslato nella basilica soprastante, abitavano le spoglie del "fidato amico" Giovanni Paolo II.
Uniti in vita, fraternità assoluta, una comunione totale trasferitasi oltre le soglie della Casa del Padre. Si chiama santità, cielo, paradiso. Ne eravamo certi tutti ieri mattina, in Piazza San Pietro o davanti alla tivù, mentre la maestà della musica sacra avvolgeva il defunto e chi presto o tardi lo sarà. Papa Francesco così come Sergio Mattarella e Giorgia Meloni, il sacrista della mia parrocchia e il cronista che qui firma. Ma allora perché? Perché sono state così diverse le esequie dei due colleghi! Da vivi indossarono entrambi le tonache bianche, infine i vecchi corpi sfiniti sono stati amorosamente rivestiti coi paramenti rossi dei Pontefici. La devozione ammirata e commossa della folla ai funerali di quel venerdì di aprile del 2005 era identica a quella manifestata questo giovedì del gennaio 2023. La differenza allora? Nella mescolanza di speranza e tristezza, 18 anni fa stravinse la prima, stavolta una nebbia di malinconia vibrava nell'aria. Percezione soggettiva? Non esiste un misuratore delle emozioni e della potenza dei sentimenti. Di sicuro si respirava insieme un doloreche aspetta ancora di essere composto e uno strano imbarazzo.
DOTTRINA E VIGILANZA
1- Il dolore è lancinante. Lo si avverte innanzitutto nello sguardo sperduto di Francesco. Ieri in quella piazza era presente ma distante, era in dialogo con qualcuno che non potrà più visitare nel monastero a cento metri dalla sua camera, e non gli risponde. Come il più piccolo dei fedeli, non ha ancora elaborato il lutto.
Sulla barca in tempesta Pietro sapeva che se anche Gesù, come quella volta sul lago di Tiberiade, dormiva, però lì vicino vegliava quell'alter Christus, Benedetto-Joseph. Bisogna rendersi conto dell'accaduto: è venuto a mancare dopo 45 anni il difensore principale della Chiesa. Non tanto e non solo nel senso della dottrina, ma soprattutto della testimonianza, che è la traduzione in lingua italiana di martirio: versare tutto, sangue e anima, senza mettere via alcun risparmio per la pensione.
In nessun modo ritenendosi indispensabile, rinunciando a posture eroiche, sempre desideroso di ritirarsi nella sua Baviera a pregare, studiare, suonare Mozart al pianoforte, accarezzare il gatto e bagnare i gerani, ma sempre accettando il no di Dio, Presenza misteriosa che parlava a lui con la voce dei Papi. Non ce ne siamo ancora resi ben conto di quale pezzo regale.
Certo lavora dal cielo. Ma intanto viene meno la missione intellettuale e la dolcezza personale dell'uomo che in diversi ruoli (cardinale, Papa, Papa emerito) ha vigilato sul sepolcro aperto di Cristo risorto, impedendo che da dentro le mura della Città di Dio facessero rotolare la pietra tombale per rinchiuderlo di nuovo. No, la gioia! L'amore! Adesso, SiDal gnore -ti -amo. 1977, quando Paolo VI lo volle cardinale a Monaco e poi Giovanni Paolo II lo chiamò nel 1981 a Roma, dicendogli «la voglio accanto, Eminenza, fino al mio ultimo giorno»; eletto Papa nel 2005 per manifesta superiorità sulla concorrenza; finché rinunciò ma restò «nel recinto di Pietro», per obbedienza sempre.
C'È UNA FRATTURA
Francesco sapeva di essere diverso da Benedetto, i nomi vogliono dire qualcosa. Ratzinger promise a chi sarebbe stato eletto dopo la sua rinuncia - sin dal 27 febbraio 2013 - «incondizionata riverenza e obbedienza». «Reverentia, riverenza è una parola latina che vuol dire temere, revereor. Perché il nostro non è un amore alla pari» (don Luigi Giussani ). Questa solitudine, forse, ha impregnato lo sguardo e ha schiacciato il tono dell'omelia di papa Bergoglio. Sette minuti e sette secondi, che sono numeri biblici, ma pareva parlare di un milite ignoto della fede. Solo alla fine Francesco, nello sconcerto degli astanti, ha pronunciato il nome di Benedetto. Non ha citato un solo testo, una frase che avesse il conio inconfondibile del predecessore. Ha commentato, come raccomandano i manuali, il Vangelo, e lo ha fatto con fine qualità poetica. Ma è un po' poco rinchiudere Benedetto, i suoi 95 anni di santità, nella «mitezza capace di capire, accogliere, sperare e scommettere al di là delle incomprensioni che ciò può suscitare».
2- Uno strano imbarazzo ha segnato la distanza tra i sentimenti caldi del popolo comune e la freddezza dell'apparato ecclesiastico. I fedeli, tra i quali inaspettatamente molti giovani, erano partecipi e commossi, desideravano esternare la certezza della santità di Benedetto, ma erano stati diffusi inviti precisi a esternare il minimo sindacale di affetto. Solo alla fine e di sguincio un piccolo striscione - e un coro poco gradito dalle autorità ha scandito "Santo Subito".
Si è consumata una frattura, che Francesco di sicuro troverà il modo di sanare, tra la "minoranza creativa" della base quotidiana di parrocchie e movimenti, e le élite di cicisbei della sacra cerchia. I primi- i fedeli da rosario in famiglia- speravano di essere confortati vedendo onorata senza reticenze la fede vittoriosa di Benedetto crocifisso dal mondo. I secondi presi dall'evidente sforzo di ridurre i meriti e di nascondere la specificità del magistero del Pontefice bavarese.
SGARBI PROTOCOLLARI
L'apparato - credendo di interpretare i desideri di Francesco- ha manifestato i segni antipatici del timore abbastanza meschino che, dando a Benedetto quel che gli spettava, si desse corpo all'equivoco del doppio Pontificato, dei due Papi equipollenti, e in fondo avversari. Una stupidaggine mille volte fugata da Benedetto quand'era vivo, figuriamoci se è il tipo da avanzare pretese dall'aldilà. Fatto sta che il popolo presente e quello televisivo hanno capito che Benedetto deve essere considerato un Papa sì ma soprattutto emerito. Quasi che emerito equivalesse a demerito. Che dire degli sgarbi protocollari di nessun significato salvo che quello dell'insensibilità. Rinunciare ostentatamente in quanto Città del Vaticano e Santa Sede (al contrario di Italia - brava Meloni! - , del Portogallo e di certi Land della Germania) al lutto, e ai suoi segni, è stato il classico ossequio alle regolette dei nani da giardino. Le Nunziature di tutto il mondo hanno ricevuto l'ordine di non esporre bandiere abbrunate. Piccola consolazione: tutto questo farà certo sorridere il proprietario della salma. C'è bisogno che viva come prediceva di sé santa Teresa di Lisieux- «il suo Paradiso in terra».