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Firenze, rapine e "spaccate" a catena: città nel caos, esplode la rivolta

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Claudia Osmetti
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C’è un problema a Firenze ed è quello delle spaccate. Vetrine in frantumi, ladruncoli che agiscono nella notte, con retate anche di due o tre colpi alla volta, spesso per portare via un magro bottino, qualche centinaio di euro e poco più, tutto sommato robetta, non è mica quello il punto, è che poi i danni per i commercianti si moltiplicano, diventano un salasso quando c’è da sistemare. Ché devi pulire tutto, rifare il vetro, chiamare il tecnico, metterci l’antifurto e tieni pure chiusa la bottega qualche giorno (quindi non guadagni, scontrini zero).

L’ultimo raid è avvenuto durante il fine settimana. È il 38esimo solo a Borgo Ognissanti e ha interessato tre diverse attività: una gelateria (razziata per la quarta volta) dove, però, «non hanno portato via nulla perché non lasciamo più nulla dentro», spiegano, estenuati, i titolari; un negozio di parrucchiere, qualche metro più in là; e un bar (pure lui alla spaccata numero quattro) i cui gestori sono stati avvertiti dalla vigilanza alle sei del mattino. Il modus operandi è lo stesso in tutti e tre i casi: un tombino divelto, schegge sul marciapiede perché la vetrata viene mandata in mille pezzi e l’attività a soqquadro.

I NUMERI

Tuttavia sono i numeri, quelli generali, quelli fiorentini, quelli bollati dal Comitato per l’ordine e la sicurezza della città, che danno il polso della situazione: negli ultimi sei mesi, i carabinieri di Firenze hanno registrato 122 denunce di spaccate, 72 in centro e gli altri Oltrarno, altre 60 sono arrivate ai commissariati di polizia. Vuol dire che, complessivamente, si contano più di 180 episodi, da giugno a metà novembre, senza manco mettere in conto gli ultimi di domenica e considerando appena le denunce ufficiali (i commercianti stimano che la lista sia quasi tre volte più lunga, cioè che elenchi almeno cinquecento vicende), con una decina di ladri denunciati però a piede libero e un’altra decina di arresti, però, di nuovo, già rimessi in libertà. Come il ragazzo marocchino di 36 anni, denunciato l’ultima volta (perché di denunce simili in vita sua ne ha collezionate cinque) dieci giorni fa, arrestato due volte e scarcerato altrettante dal tribunale fiorentino nell’arco di 48 ore. Per poi venire, ancora, denunciato, per un’altra, l’ennesima, spaccata.

Facile capire, a queste condizioni, che barbieri e panettieri, baristi e venditori di abbigliamento, calzolai e tabaccai (neanche a tirare in ballo gioiellieri e orafi perché loro la vetrina blindata ce l’hanno da tempo) vivono nel terrore. Le associazioni di categoria sostengono che a Firenze, ogni giorno (anzi, ogni notte) si verifichino tre spaccate, la maggior parte delle quali in centro. E tra loro, tra le vittime, o le potenziali vittime, c’è chi, vedi Gualserio Zamperini del Gran Caffè San Marco, ha deciso di prendere il porto d’armi: «Non mi sento tutelato dallo Stato», dice. O chi, Uddin Bahar, cittadino del Bangladesh trapiantato in Toscana dove gestisce un minimarket, dorme in negozio dato che gli è già capitato «e quando i ladri hanno visto che eravamo dentro sono scappati». Oppure chi, come Aldo Cursano, del Caffè Le Rose, ha speso 5mila euro tra telecamere, allarmi e cancelli di sicurezza epperò «le mie collaboratrici hanno paura a fare il turno serale o mattutino e mi hanno chiesto di cambiare orario».

LE REAZIONI

Ieri sera i commercianti di Firenze hanno organizzato un flash-mob, serrande abbassate per mezz’ora dopo le 17. Hanno anche redatto una petizione (1.200 firme a sostegno, che non son poche) rivolta al ministero dell’Interno per chiedere «le ronde di uomini in divisa dalle 18 alle 7 del mattino» dato che «la situazione è fuori controllo ed è l’unico modo per mettere un freno a quest’ondata di criminalità». Il Comune, dal canto suo, ha stanziato 400mila euro, la Camera di commercio di Firenze ha annunciato che ce ne metterà altri 200mila in un progetto che si chiama Negozi sicuri (il cui scopo è proprio quello di finanziare sistemi d’allarme), ma per chi sta lì, con la claire a metà, appena fa buio, col timore che possa succedere ancora, è poco. «Non basta», racconta qualcuno che di spaccate, nella sua professione, ne ha subite ben 22, «oramai l’illegalità è diventata ordinarietà».

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