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Libertari e censori, di divieto in divieto lo Stato etico avanza

di Ginevra Leganza mercoledì 17 aprile 2024

3' di lettura

Un banale e civilissimo divieto impedisce la sigaretta. È la “cultura del rispetto”. E sono perciò un saliscendi, estetica e stato etico. Se l’uno sale, l’altra viene giù. Bisognerebbe tenerlo a mente anche oggi che questo banale e civilissimo divieto, a Torino, impedisce il fumo. Come nel solco di un americanismo aggiornato: non più cinematografico ma etico; non più libertario ma sanitario (ché libertà e salutismo, si sa, sono anch’essi un saliscendi). Ma veniamo al punto, e cioè alla cronaca. Perché giusto lunedì scorso il consiglio comunale di Torino ha modificato il “regolamento di polizia urbana” e proibito il fumo – sia di sigaretta, sia di sigaro, sia di pipa o di qual altra delizia – a meno di non mantenere una “distanza di cortesia”. Il che significa che all’aperto potremo neppure svapare, “senza consenso esplicito”, a meno di cinque metri dalla gente.

Con o senza consenso, invece, il fumo sarà vietato in presenza di bambini o di donne incinte. I torinesi ribelli, colti sul fatto, pagherebbero cento euro di multa. E vabbè. Poca cosa, direte voi. In fondo ci sta. Chevvuoichessia. In effetti ci starebbe se non fosse che già a Milano, dal 2021, non si fuma più all’aperto nemmeno nei parchi o alla fermata del tram, e se non fosse ancora che dal primo gennaio 2025 sarà impossibile in qualsiasi area della città. Pochissima cosa sarebbe in effetti, il divieto torinese (giunta piddì), se non ci fosse New York: la pietra di paragone. La città dovel’impossibilità di pavoneggiarsi con cicca è quasi totale (dove cioè si fuma per strada ad almeno 30 metri dai palazzi e giammai sui marciapiedi o vicino le scuole). E davvero niente sarebbe, questa delibera, se non fosse per la remota Nuova Zelanda, quella “terra dimezzo” tra il Commonwealth e i Maori che nel 2022 approvò una legge per vietare a tutti – dico tutti –i nati dopo il 2008 qualsivoglia prodotto a base di tabacco (intuizione dei laburisti oramessain questione dai conservatori, che la vorrebbero abolire. Della serie: il progressismo o l’Internazionale censoria).

Insomma sarebbe davvero niente, questo divieto, se non fosse per la solita china da stato etico. Il quale, si sa, avanza zitto zitto. Quatto quatto. O, come dire, con passo felpato (il caso di Milano lo dimostra). E si accanisce e si occupa sempre de minimis. Delle cose piccole, dei viziinnocenti. Dellemaniincerte delfumatore in cui – come ebbe a dire Eugenio Scalfari– «tremalamia voglia di vivere». E fintanto che coccola le minoranzeallamoda, si accanisceappunto sulla minoranza più piccola, su quella più debole, “che è l’individuo” (New York riparta da Ayn Rand). E, non pago, semprelui, sempre lo stato etico, ce l’ha pure con l’individuo con sigaretta (minoranza della minoranza giacché tutti i dati oggi, compresi quelli europei di Espad, mostrano un drastico calo deigiovanifumatori nei paesi più ricchi, dove evidentemente la cicca resta un vezzo minoritario. Una cosetta per emuli di Charlotte Gainsbourg o di Eva Green. Una cosa piuttosto estetica, insomma, non proprio etica).

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IL MAESTRINO E IL LEGNO STORTO

E qui torniamo al punto. Anche perché il fumo, che è un vizio per incontinenti – il grado zero del peccato – il fumo che è anzitutto un fatto estetico e poetico, tra polmoni anneriti e pacchetti-menagramo, è diventata un’altra cosa. Ossia un bersaglio del progressismo e dello stato maestrino che raddrizzaillegno storto dell’uomo. Che s’incapriccia col legno curvo e fascinoso della donna: con le appassionate di Charlotte Gainsbourg, di Eva Green (e non dimentichiamo Kate Moss). Ma ecco. Il Novecento è finito. E una giunta del piddì – in questo caso un consigliere radicale:immaginatevi Pannella anti fumo – ci sarà sempreafarfirmare divieti. Uno che preferirà la foto del polmone annerito a quella con modella che fuma ci sarà sempre, in questo nostro secolo. E chissà che non sia il caso di usare, con costui – e con l’Internazionale salutista – lo stesso sarcasmo di AndreaCamilleri. Quando, con voce roca, dal tabaccaio che gli porgeva i pacchetti (foto di intubati: «Questo no», foto di ammalati: «Questo no»), gli diceva: «Mi dia quello che invecchia la pelle, prego».

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