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Torino, preghiera islamica in Università: diffidato il finto imam anti-Israele

venerdì 24 maggio 2024

2' di lettura

La preghiera islamica pro-Palestina (diventata ben presto pro-Jihad) andata in scena all'Università di Torino non dovrà più ripetersi. Il Rettore del Politecnico di Torino Stefano Paolo Corgnati "in pieno coordinamento con la Ministra dell’Università e della Ricerca Anna Maria Bernini, venuto a conoscenza dell’annuncio di svolgimento della preghiera islamica del venerdì presso la sede centrale del Politecnico, ha immediatamente provveduto a inviare richiesta al Prefetto e al Questore di Torino di diffida dallo svolgere funzioni e attività presso le sedi dell’Ateneo nei confronti delle autorità religiose eventualmente coinvolte".

A renderlo noto è lo stesso Politecnico torinese. Rettore e ministra "ribadiscono con forza i principi di indipendenza e laicità delle istituzioni universitarie". È stato l'Imam Brahim Baya che la scorsa settimana aveva celebrato la preghiera del venerdì a Palazzo Nuovo, sede delle facoltà umanistiche dell’Università di Torino, occupata dagli studenti pro Palestina, ad annunciare sui social la preghiera di oggi al Politecnico. Dopo la preghiera dello scorso venerdì all’Università si erano levate molte polemiche. 

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La preghiera di oggi dunque, a meno di clamorosi colpi di mano di studenti e comunità islamica filo-Palestina, non andrà in scena. Baya, portavoce della Moschea Taiba di via Chivasso, aveva annunciato un "sermone anti-sionista". L'Imam non è uno sconosciuto: 40 anni, torinese di origini marocchine, come ricorda anche il Corriere della Sera, in realtà non ha incarichi religiosi (il titolo "Imam", dunque, è puramente figurativo) ma è stato segretario nazionale dell’associazione Partecipazione e Spiritualità Musulmana (Psm).

Gli anti-Israele gli hanno già espresso solidarietà, ribadendo il loro "no all’attacco del ministro Bernini, del rettore Geuna e dei media". Un dato per certi versi inquietante: Baya, che in pubblico si presenta sempre con simboli barricaderi come basco e kefiah, non rappresenta l'ala più estremista del movimento filo-palestinese, venendo da questa contestato per i tentativi di mediazione durante alcune proteste eclatanti andate in scena al Salone del Libro o durante la Festa della Liberazione in piazza Castello. Resta però il suo essere volto assai popolare sui social della causa anti-Israele, con la parola d'ordine "genocidio a Gaza" ripetuta più volte al megafono in piazza e in Rete. 

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