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Pitbull aggressivi? Lo sfogo dell'addestratore: "Di chi è la colpa e perché"

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Caterina Maniaci
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Si comprano, si adottato, si abbandonano. E in modo sempre più massiccio. Con l’aggravante degli abbandoni estivi. Parliamo di cani e soprattutto di cani di un certo tipo: pitbull e molossoidi. Complici i fatti di cronaca in cui sono protagonisti, purtroppo, in senso negativo, al punto di scatenare paure e ansie varie. Tanto è vero che un quarto dei Comuni lombardi segnala un aumento di aggressioni insieme a quello degli abbandoni di molossidi e pitbull. Come emerge da un’indagine condotta da Anci Lombardia (Associazione nazionale dei Comuni italiani) insieme alle Ats e alle associazioni di volontariato. Da sottolineare che analoghe indagini nei mesi scorsi, a dimensione nazionale hanno messo in rilievo la questione.

All’indagine hanno risposto 187 Comuni, di tutti i territori ma in particolare della Città metropolitana milanese. Un elemento-chiave è che la questione degli abbandoni di questi cani pare sentito maggiormente dai Comuni più grandi. E anche la percentuale dei Comuni che segnalano un aumento di aggressioni da parte dei pibull varia in ragione della dimensione. Circa il 25% dei Comuni la segnala, ma la percentuale sale al 44% in quelli con più di 10mila abitanti. Un quinto degli enti (il 19%) segnala anche un aumento di casi in cui le famiglie consegnano i cani considerati ingestibili al Comune, ma nei centri più grandi la percentuale sale al 40% dei rispondenti. Nel 20% dei paesi, poi, aumentano le situazioni di fragilità (persone senza fissa dimora, sfratti...) nelle quali l’amministrazione ha dovuto, tra l'altro, spostare questi cani, mentre nei centri con più di 10mila abitanti la percentuale sale (al 45%).

 

 

 

In netto aumento in un terzo dei Comuni (ma nel 55% in quelli più grandi) la segnalazione di detenzione inadeguata di cani “pericolosi”, maltrattati o allevati abusivamente. La maggiore presenza in canile di cani pitbull e molossoidi comporta varie difficoltà: l’aumento dei costi di gestione e la difficoltà di individuare soggetti che gestiscano il canile. «Il problema non sono certo i cani, la loro vera o presunta aggressività. Troppo spesso la gente compra o adotta un cane e poi non se ne occupa come dovrebbe, non affronta la responsabilità che questa scelta comporta e non trova altra soluzione che sbarazzarsi dell’incolpevole animale.Con cani dalla gestione più complessa, come possono essere i pitbull ovviamente crescono le difficoltà, ma non bisogna credere che siano i cani la causa dei vari e dolorosi incidenti messi così in risalto dai media. E il rimedio non è certo abbandonarli». Non ha dubbi Simone Dalla Valle, istruttore cinofilo, docente universitario, scrittore di numerosi manuali e saggi sul tema. L’ultima sua pubblicazione si intitola “Giochiamo? Il primo manuale sul gioco dal punto di vista del cane” (Tea Edizioni, pp.352, euro 28), testo in cui, come ha sempre fatto, Dalla Valle invita a mettersi dalla parte del cane, per capire quali sono le sue esigenze, i suoi bisogni, i suoi desideri. Ed è proprio questo il punto: considerare i cani non «come surrogati, sostituzioni passive di altre presenze, e di affetti mancanti, da usare a proprio piacimento e che quando ci stancano, possiamo gettare via».

Ma che cosa spinge a cercare cani di un certo tipo? «È un fatto di moda, di status, di influenza di stereotipi a cui contribuiscono massicciamente i media, i social. I molossi, i pitbull, i cani di grossa taglia vengono spesso demonizzati e paradossalmente proprio questa loro immagine falsata crea suggestioni e richieste». Vengono in mente, tra gli altri, certi video di rapper che si mostrano spesso portando al guinzaglio cani dall’aspetto feroce... «Appunto. Il pitbull può essere aggressivo con altri cani, poiché è stato selezionato per il combattimento, ma non lo è di sua natura e non lo è con l’uomo.
Ho fatto terapia con un pitbull per aiutare un bambino traumatizzato da un’aggressione da parte di un altro cane. Terapia efficacissima, posso garantirlo. Se dunque da una parte c’è la leggerezza, l’irresponsabilità e l’incapacità di saper scegliere e gestire un animale, c’è da sottolineare anche l’inesistenza di una legislazione che garantisca e tuteli l’intera filiera, per così dire, della vita dei cani, dall’allevamento all’istruzione. E questo permette a chiunque di improvvisarsi in questo campo, con i danni notevoli che vediamo prodursi. E di cui le prime vittime sono i cani».

 

 

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