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Jesi, il compagno tunisino la picchia? Come riesce a sfuggire al suo aggressore

giovedì 13 marzo 2025

2' di lettura

Sfugge al marito violento con la scusa di farsi visitare per una sospetta gravidanza, poi confida due anni di maltrattamenti fisici e psichici ai sanitari del Pronto Soccorso di Jesi (Ancona). Per la ragazza, una 22enne jesina, si è messa in moto la rete di protezione del codice rosso; nei confronti del compagno, 24enne cittadino tunisino, la Polizia Giudiziaria del Commissariato di Jesi ha eseguito un'ordinanza emessa dal Gip di Ancona di allontanamento dalla casa familiare e del divieto di avvicinarsi alla vittima.

L'uomo è stato indagato per il reato di maltrattamenti in famiglia; non avendo dato il consenso all'applicazione del braccialetto elettronico, pertanto, nei suoi confronti è stata applicata l'ulteriore misura cautelare del divieto di dimora in ogni comune della provincia di Ancona. L'indagine è originata dalla segnalazione del Soccorso dell'ospedale di Jesi, a fine febbraio, di una giovane percossa dal marito. La donna, per sfuggire al controllo del compagno, gli aveva raccontato che usciva per una visita medica negli uffici dell'Azienda sanitaria perché pensava di essere incinta. Lui l'aveva accompagnata ma, approfittando di un momento in cui era sola, lei aveva raccontato ai sanitari le violenze subite; in ambulanza era stata trasportata al pronto soccorso dove il personale aveva allertato il 112.

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I poliziotti avevano raccolto le dichiarazioni della vittima; poi indagini avevano permesso di accertare che la ragazza da circa due anni era vittima di maltrattamenti. Il compagno, per asseriti motivi di gelosia, la vessava, la ingiuriava e la colpiva con calci, pugni e schiaffi. I due avevano vissuto negli ultimi mesi in un bed & breakfast a Jesi ed erano poi stati ospitati da un loro amico. Nella struttura ricettiva la donna sarebbe stata aggredita una sera per futili motivi anche con l'uso di un coltello; nell'abitazione, si sarebbero consumati altri episodi di violenza. L'uomo rimproverava alla compagna anche il fatto di avere un permesso di soggiorno di breve durata; l'aveva convinta a sposarlo, in modo da rendere più stabile la propria posizione e ottenere poi la cittadinanza italiana.

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