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Garlasco, l'ex comandante del Ris: "Mai entrato nella villa". Ma gli atti lo smentiscono

venerdì 11 aprile 2025

3' di lettura

Il caso, infinito, del delitto di Garlasco continua a complicarsi. All’uscita dal Tribunale di Pavia, mercoledì 9 aprile, l’ex generale Luciano Garofano ha preso posizione in merito alle critiche sulla sua nomina a consulente tecnico della difesa di Andrea Sempio, nell’ambito delle nuove indagini sull’omicidio di Chiara Poggi. "Non sono mai entrato in quella casa, quindi non capisco in che modo la mia presenza possa creare conflitti di interesse", ha dichiarato ai giornalisti. Peccato che i fatti smentirebbero la sua versione.

L’udienza si è svolta per conferire l’incarico relativo all’incidente probatorio richiesto dalla procura. Durante la seduta, la giudice Daniela Garlaschelli ha assistito alla ricusazione da parte dei pm Stefano Civardi e Valentina De Stefano del genetista Emiliano Giardina, scelto come perito del Tribunale. A motivare la richiesta, un’intervista concessa nel 2017 a Le Iene, in cui Giardina aveva messo in dubbio l’affidabilità del dna trovato sotto le unghie della vittima, sostenendo che non fosse idoneo a essere confrontato con quello di Sempio.

Anche la nomina di Garofano come consulente della difesa è stata oggetto di critiche, in questo caso da parte degli avvocati di Alberto Stasi — l’ex compagno di Chiara, condannato in via definitiva a 16 anni di carcere —, Antonio De Rensis e Giada Bocellari. I due legali hanno contestato la presunta imparzialità dell’ex comandante del Ris, già coinvolto agli inizi dell’indagine.

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Come riportato dal Corriere della Sera, Garofano ha chiarito il suo ruolo dell’epoca, spiegando che nel 2007 era alla guida del reparto scientifico dell’Arma, ma che le attività analitiche sui reperti furono portate avanti autonomamente dai suoi sottoposti. "Non ci sono elementi che rendano la mia nomina inopportuna. È il normale confronto tra parti", ha ribadito, affiancato dai legali Massimo Lovati e Angela Taccia, che assistono Sempio.

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Tuttavia, alcune fonti documentali sembrano contraddire la sua versione. In particolare, un verbale datato 3 ottobre 2007 attesta la sua presenza durante un’ispezione nell’abitazione di via Pascoli, insieme ad altri ufficiali. Il documento, firmato anche da Garofano, descrive dettagliatamente l’attività di sopralluogo. Esistono inoltre materiali fotografici e video che lo mostrano mentre svolge rilievi sulla scena del crimine, equipaggiato con tuta bianca e guanti. Ulteriori atti processuali, anch’essi sottoscritti da lui, confermano il suo coinvolgimento diretto nelle fasi iniziali dell’inchiesta.

Parallelamente, gli inquirenti stanno approfondendo un altro aspetto potenzialmente rilevante: alcuni contatti intercorsi nel 2017 tra Andrea Sempio — già indagato e poi archiviato — e il legale della famiglia Poggi, Gian Luigi Tizzoni. A parlarne sono stati lo stesso Sempio e sua madre, in un servizio televisivo trasmesso da Le Iene l’8 aprile. Secondo quanto riferito, ci sarebbero stati dei contatti alla vigilia di un interrogatorio del giovane davanti ai pm. La madre ha anche accennato a un possibile scambio di documenti, senza però specificarne le modalità o la natura economica.

La Procura di Pavia sta riesaminando le intercettazioni telefoniche risalenti a quel periodo. In una di queste, come riportato ancora dal Corriere, emergerebbe un dialogo tra Sempio e suo padre, nel quale il giovane sembrerebbe fare riferimento ad atti investigativi ancora non formalmente noti. Un dettaglio che oggi desta sospetti, considerando che Tizzoni non rivestiva alcun ruolo legale nei confronti di Sempio.

Tizzoni, che da anni rappresenta la famiglia Poggi, è sempre stato tra i principali oppositori alla riapertura delle indagini. Ha sostenuto pubblicamente l’inutilità del Dna trovato sotto le unghie di Chiara e ha espresso critiche severe contro le nuove iniziative della procura. Le sue parole pronunciate in aula mercoledì sono state tra le più dure: ha contestato apertamente l’operato dell’attuale pool investigativo e ha definito “un processo mediatico” il clima generato, puntando il dito contro il comunicato del procuratore Fabio Napoleone e ritenendo i dati alla base dell’iniziativa giudiziaria non corretti.

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