L’Anello del Pescatore e il Sigillo di piombo di Papa Francesco sono stati annullati, come da tradizione: una croce sul simbolo, segno di un pontificato ormai finito. Nell’Aula del Sinodo, alla presenza del Camerlengo, cardinale Kevin Farrell, del decano Giovanni Battista Re e del collegio dei porporati, l’anello che raffigura San Pietro mentre getta una rete in mare e il Sigillo appartenuto a Bergoglio, sono stati rotti, ultimo atto ufficiale prima dell’inizio del Conclave. Già stasera, infatti, gli occhi del mondo saranno puntati sul comignolo della Cappella Sistina, intorno alle 19 è prevista la prima fumata e se fosse bianca sarebbe un colpo di scena assoluto, considerato che per i 133 elettori provenienti da ogni continente non c’è stato abbastanza tempo per conoscersi, dialogare nella stessa lingua e tantomeno accordarsi su un nome che vada bene ai due terzi di loro e metta d’accordo bergogliani e anti-bergogliani, conservatori e progressisti, gesuiti e agostiniani, europei e americani, passando dai ventitré cardinali asiatici, ai diciassette africani fino ai quattro dell’Oceania. Un cardinale esperto come Gianfranco Ravasi, al Tg1 di ieri sera, non ha nascosto le insidie di un Conclave così affollato e cosmopolita: «Sarà difficile trovare una figura che riesca a far confluire 89 voti attorno a un personaggio unico». In sintesi, oggi non dovrebbe accadere nulla.
Tuttavia, nel chiuso della Sistina si lascerà fuori l’atmosfera rilassata (per qualcuno da “gita scolastica”) che ha caratterizzato la settimana romana dei prelati trascorsa tra convivialità, ristoranti di Borgo Pio, passeggiate fuori porta e incontri da nobili o habitué del Circolo della Caccia. Tutto da oggi sarà molto più solenne, secondo le regole della Costituzione Apostolica “Universi Dominici Gregis” emanata da Giovanni Paolo II nel ’96 e modificata da Benedetto XVI nel 2013. Si giurerà per mantenere il segreto, pena la scomunica, e si voterà per scegliere il successore di Francesco: prima votazione oggi, poi da domani due volte al mattino e due al pomeriggio. Nella scheda va scritto un solo nome, pena la nullità. Le schede vengono forate e bruciate. Ieri sono terminate le Congregazioni generali dei cardinali. Nella dodicesima e ultima sono stati affrontati diversi temi citando più volte l’eredità spirituale del pontefice argentino morto il 21 aprile.
L’APPELLO ALLA PACE
Matteo Bruni, direttore della Sala Stampa vaticana, ha spiegato: «È stata ribadita la consapevolezza che molte riforme promosse da Francesco hanno necessità di essere portate avanti, la lotta agli abusi, la trasparenza economica, la riorganizzazione della Curia, la sinodalità, l’impegno per la pace e la cura del creato. La responsabilità della Chiesa», ha detto Bruni, «è sentita in modo profondo e condiviso». Si è quindi delineato il profilo di un Papa pastore, maestro di umanità, capace di incarnare il volto di una Chiesa samaritana, vicina ai bisogni e alle ferite dell’umanità». La congregazione si è conclusa con la lettura di un appello alla pace nel mondo devastato dai conflitti.
Poi c’è stata la cena nella storica casa del clero della Traspontina per la maggioranza dei porporati, preghiere e ognuno negli appartamenti. Stamattina i riti per l’elezione del 267esimo Pontefice cominceranno alle 10 con la messa pro eligendo Papa aperta a tutti, nella Basilica di San Pietro, presieduta da Re, il decano che ha celebrato il funerale di Francesco. Alle 16.15 i cardinali si ritroveranno nella Cappella Sistina, dopo il canto del “Veni Creator” e l’invocazione dello Spirito Santo. Giureranno. Poi monsignor Diego Ravelli, maestro delle cerimonie, pronuncerà il fatidico: “Extra omnes”, fuori tutti, formula che segna la clausura dei porporati.
All’interno della Sistina i 133 ascolteranno la catechesi di padre Raniero Cantalamessa, il 91enne frate cappuccino che Bergoglio ha fatto cardinale. È il predicatore dei Papi, e anche nel 2005, al Conclave che elesse Benedetto, tenne un’esortazione ai cardinali. Quindi, ci sarà la prima votazione. Nella Cappella Sistina, arredata per la storica occasione, presiede il cardinale Pietro Parolin, della super cinquina dei favoriti.
LEGNO GREZZO E TESSUTI
Sotto agli affreschi di Michelangelo nulla è stato lasciato al caso: le 133 sedie di ciliegio sono contrassegnate con nome e cognome di ciascun cardinale elettore, i tavoli di legno grezzo sono coperti da un panno beige e satin bordeaux, disposti su due file di diverso livello. Davanti all’altare, sotto il Giudizio Universale, un banco per l’urna di legno grezzo dove saranno raccolte le schede con i voti, e un leggio con il Vangelo sul quale i porporati hanno giurato. Non può mancare l’antico pallottoliere ligneo dove si segnano i voti durante ogni scrutinio, seguendo una procedura precisa e ben codificata.
E in caso di fumata bianca, quando cioè un porporato avrà raggiunto i due terzi delle preferenze, l’eletto al soglio di Pietro passerà nell’attigua Stanza del Pianto, una piccola stanza dove si raccoglierà in preghiera, a prendere coscienza della enorme missione che lo aspetta. Seguirà la vestizione (in sacrestia è rispuntata pure la mozzetta rossa, che Bergoglio aveva rifiutato) prima del ritorno nella Sistina dove riceverà l’omaggio di tutti gli altri cardinali. Infine, l’affaccio dal balcone davanti a migliaia di fedeli ansiosi di sentire l’annuncio del protodiacono: Habemus Papam.