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Nessuno ha voluto capire le prime parole del papa

La prima omelia di Leone XIV è un grande discorso programmatico ed è pure una formidabile provocazione per intellettuali e giornalisti
di Antonio Socci domenica 11 maggio 2025

5' di lettura

La prima omelia di Leone XIV è un grande discorso programmatico ed è pure una formidabile provocazione per intellettuali e giornalisti (è significativo che a loro sia dedicato il suo primo incontro pubblico). Ma specialmente è decisivo per tutti gli ecclesiastici.Infatti il Papa ha solennemente chiesto «un impegno irrinunciabile per chiunque nella Chiesa eserciti un ministero di autorità: sparire perché rimanga Cristo, farsi piccolo perché Lui sia conosciuto e glorificato». È un chiaro rifiuto di qualsiasi forma di papolatria (fenomeno diffusissimo anche nei media laici) e di eccessivo protagonismo del Papa o degli ecclesiastici: «Sparire perché rimanga Cristo».

Detto fatto. L’editoriale di ieri del Corriere della sera (lo prendiamo come simbolo di tutti i media) inizia proprio con questo preciso virgolettato. Ma poi? Un fiume di parole su chi? Una riflessione su Cristo, come Leone XIV ha chiesto? No. Un lungo discorso proprio sul Papa.Ovviamente un discorso orientato ideologicamente. L’editorialista che lo ha firmato, Antonio Polito (un brillante collega che viene dalla militanza politica a sinistra, dal lavoro all’Unità, a Repubblica e che è stato perfino senatore, eletto nelle liste dell’Ulivo), non si fa mancare il solito siluro contro Trump.Quando il Papa ha detto che «anche oggi non sono pochi i contesti in cui alla fede cristiana si preferiscono altre sicurezza, come la tecnologia, il denaro, il successo, il potere, il piacere», Polito è certo che volesse fare un attacco «sferzante» a Trump. Non so se il collega del Corriere viva quotidianamente in un ambiente fatto di umili comunità monastiche dedite alla preghiera, alla povertà, alla mortificazione di sé e all’adorazione eucaristica, ma gli garantisco che il Papa si riferiva al mondo intero, che è vasto e va al di là della singola persona di Trump (che comunque è cristiano). Ho la vaga sensazione che anche Polito e i colleghi del Corriere abbiano una certa conoscenza di «contesti in cui alla fede cristiana si preferiscono altre sicurezza, come la tecnologia, il denaro, il successo, il potere, il piacere».

SALOTTIERI DI SINISTRA
O loro (e i salottieri di sinistra) di colpo sono diventati tutti asceti, oranti e penitenti? Quando sarebbe avvenuta questa fulminante conversione? Nell’editoriale del Corriere ciò che colpisce è proprio questo buttarla sempre in politica. È l’impermeabilità alla “sfida” del Papa che ha iniziato l’omelia dalla questione centrale: Gesù Cristo. Con la sua domanda: «Voi chi dite che io sia?». E ha citato la risposta di Pietro, che è la sua e quella di chi diventa cristiano: «Gesù è il Cristo, il Figlio del Dio vivente, cioè l’unico Salvatore». Cioè il senso della vita e il senso di tutto: del nascere e del morire, dell’amare, del lavorare, dell’amicizia, del creare, del gioire e del soffrire. È la consistenza di tutte le cose, dal fiocco di neve alle galassie, «tutto sussiste in Lui», è l’Alfa e l’Omega del cosmo e della storia. È la compassione di Dio per gli uomini. E «il Corpo mistico della Chiesa» è la «città posta sul monte (cfr Ap 21,10), arca di salvezza che naviga attraverso i flutti della storia, faro che illumina le notti del mondo».

Quell’omelia è particolarmente significativa perché il Papa ha affrontato i vari atteggiamenti ideologici o esistenziali che rispondono alla domanda di Gesù.
C’è, per esempio, quel «mondo che considera Gesù una persona totalmente priva d’importanza, al massimo un personaggio curioso, che può suscitare meraviglia con il suo modo insolito di parlare e di agire» cosicché «quando la sua presenza diventerà fastidiosa (...) non esiterà a respingerlo e a eliminarlo». Poi c’è la risposta «della gente comune» per i quali «il Nazareno non è un “ciarlatano”: è un uomo retto, uno che ha coraggio, che parla bene e che dice cose giuste (...). Però lo considerano solo un uomo, e perciò, nel momento del pericolo, durante la Passione, anch’essi lo abbandonano e se ne vanno, delusi». Il Papa poi spiega che «anche oggi non sono pochi i contesti in cui la fede cristiana è ritenuta una cosa assurda, per persone deboli e poco intelligenti».

Ambienti «dove chi crede è deriso, osteggiato, disprezzato, o al massimo sopportato e compatito». Infine ci sono «i contesti - ha detto Leone XIV - in cui Gesù, pur apprezzato come uomo, è ridotto solamente a una specie di leader carismatico o di superuomo, e ciò non solo tra i non credenti, ma anche tra molti battezzati, che finiscono così col vivere, a questo livello, in un ateismo di fatto». Vito Mancuso, sulla Stampa, è insorto sostenendo che, a suo avviso, «negare la natura divina di Gesù non è ateismo». Ma il Papa si riferiva a persone battezzate e ha parlato di «ateismo di fatto». Non si è cristiani se non si riconosce la divinità di Cristo. Fra l’altro le sue parole ricordano una famosa pagina di S. Agostino che metteva in guardia certe correnti cristiane: «Questo è l’orrendo e occulto veleno del vostro errore: che pretendiate di far consistere la grazia di Cristo nel suo esempio e non nel dono della sua persona». Non è una differenza accademica: c’è un abisso esistenziale, spirituale e teologico fra le due cose.

LE CRITICHE ALLA PREDICA
Mancuso poi critica il Papa anche per un’altra affermazione, ma senza averla letta bene. Leone XIV ha detto: «La mancanza di fede porta spesso con sé drammi quali la perdita del senso della vita, l’oblio della misericordia, la violazione della dignità della persona nelle sue forme più drammatiche, la crisi della famiglia e tante altre ferite di cui la nostra società soffre e non poco». Il Papa non ha stabilito un automatismo e non ha detto che chi ha fede è immune da questi drammi. Però non ha fatto l’elogio della «mancanza di fede» e dell’ateismo (come qualcun altro). Perché Cristo - ha spiegato - è «un’umanità santa» che ci dona una vita diversa «insieme alla promessa di un destino eterno che supera ogni nostro limite e capacità».
Ha parlato con umiltà e compassione per la nostra condizione di poveri esseri umani. Perché, anche da laici, non riflettere su ciò che dice?
www.antoniosocci.com 

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