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Sinistra, ridotta a sperare che scoppi la rissa Trump-Prevost

L'opposizione sarebbe arrivata al punto di sperare in uno scontro lampeggiante tra San Pietro e la Casa Bianca
di Daniele Capezzone domenica 11 maggio 2025

3' di lettura

Il mestiere dell’opposizione è – per definizione – quello di opporsi, questo è chiaro a tutti. Ma si può vivere di sola contrapposizione frontale? Si può restare intrappolati, anche mentalmente, in una perenne pars destruens senza mai uno straccio di approccio construens? Il rischio è quello di assomigliare a una squadra di calcio talmente convinta della propria inferiorità fisica, tecnica e tattica, da poter sperare solo – alla vigilia del match – in una raffica di infortuni nello spogliatoio avversario, e poi – a partita iniziata – in qualche spettacolare autogol dell’altra squadra. In assenza di queste circostanze eccezionali, la partita appare già persa prim’ancora del fischio iniziale dell’arbitro.

Ecco: con rispetto parlando, sembra questa – ormai regolarmente – la condizione psicopolitica della sinistra e delle sue appendici mediatiche. È come se fosse venuta meno perfino la speranza di poter persuadere le persone comuni, gli elettori. E allora cosa resta? Per un verso, la ricerca quotidiana dello scontro finale. Per altro verso, la mostrificazione degli avversari, invariabilmente presentati come “fascisti”, “onda nera”, “destra-destra”. Per altro verso ancora, la speranza di un evento disastroso che colpisca la parte avversa, un rovescio clamoroso, un naufragio devastante. O almeno – ecco la novità applicata all’arrivo sulla scena di papa Leone XIV – l’attesa miracolosa di una lite fiammeggiante tra lui e Donald Trump, la speranza di una rissa lampeggiante tra San Pietro e la Casa Bianca, la preghiera (laica, si capisce) di un incidente che mostri al mondo l’inguaribile nequizia dell’Uomo Arancione.

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Per carità: può anche darsi che un’eventualità del genere prima o poi si realizzi. Del resto, a partire dal tema migratorio, non mancano le questioni dove si registra una distanza oggettiva tra il Presidente americano e le convinzioni del nuovo Pontefice. Ma se invece non si arriva al match di pugilato né presto né in futuro? Se – com’è possibile, anzi come sarebbe naturale – le autorità spirituali dicessero quel che credono e le autorità politiche facessero quel che devono in base al rapporto fiduciario con gli elettori, a quale santo finirebbe per votarsi la sinistra? C’è da quelle parti qualcuno sufficientemente lucido da suggerire uno schema di pensiero diverso rispetto a quello dello sfascio (anzi: dell’auspicio dello sfascio)?

Tra l’altro, non solo questa attesa spasmodica della disgrazia in casa d’altri ha qualcosa di ridicolmente iettatorio. Non solo preclude alla parte progressista di tessere una tela minimamente apprezzabile, e di riproporsi agli elettori – piano piano – come una forza che abbia una sua offerta in positivo. No, c’è anche di peggio: questo tipo di vigilia permanente dell’Apocalisse, questa segnalazione costante dell’arrivo imminente del lupo cattivo, questo richiamo insieme nevrastenico e debole, non convince nemmeno quegli elettori progressisti ai quali tutta questa segnaletica e tutta questa gesticolazione sarebbero rivolte. Non risulta – allo stato – che dopo l’elezione di papa Leone XIV i cittadini, al di qua o al di là dell’Atlantico, abbiano mutato i loro orientamenti di voto o le loro preferenze politiche.

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Non risulta una corsa alla registrazione presso i dem Usa o al tesseramento con la comitiva Schlein-Bonelli-Fratoianni-Magi-Conte & associati. Solo chi è letteralmente “alienato”, cioè chiuso in una bolla di delirio politicista, può pensare che meccanismi mentali così perversi possano riguardare gli elettori comuni, a partire da quelli animati da sentimenti religiosi. I quali – c’è da immaginare – ascolteranno la voce del Pontefice, impareranno a conoscerne le idee e gli orientamenti, saranno più o meno sensibili ai suoi richiami spirituali. E poi – su un altro piano – continueranno a votare liberamente secondo le proprie convinzioni politiche. “Cesare” e “Dio” sono entità diverse: vale per i laici intelligenti, e vale soprattutto per i credenti più sinceri. Ma a sinistra non l’hanno ancora capito.

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