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Caso Paragon, tra gli intercettati spunta una giornalista di destra

di Brunella Bolloli venerdì 20 giugno 2025

3' di lettura

Se fosse la sceneggiatura di un film sarebbe a metà tra un thriller e la commedia dell’assurdo, con gli spioni che finiscono spiati e i presunti cattivi che diventano vittime di un disegno ordito dalla politica: da chi nello specifico non è chiaro del tutto, o meglio si sa che le spiate risalgono al governo Conte, ci sono cinque procure che indagano e un verbale del Copasir che sta per essere desecretato. Per la sinistra, comunque, nel dubbio chiedere a Palazzo Chigi. Così tuonano le opposizioni, con Matteo Renzi che parla di «Watergate all’italiana», Bonelli e Fratoianni che gridano al complotto, e i grillini che insistono: gravissimo, è un attentato alla democrazia. Peccato che, ancora una volta, sbaglino indirizzo.

La vicenda è quella di Paragon solutions, società israeliana che produce il software di livello militare Graphite in grado di insinuarsi nei dispositivi mobili senza bisogno di interazione, cioè la vittima non deve cliccare nulla: si accorge di essere stata spiata solo dopo avere ricevuto un messaggino. Si chiama Graphite dal minerale grafite e replica ogni informazione acquisita sul cellulare infettato come fosse carta carbone. Il risultato è che nel telefono funziona come una microspia ambientale in grado di infiltrarsi nelle chat, nei messaggi criptati e perfino di installare la videocamera a insaputa del possessore. Finora era noto che tra gli spiati di Paragon ci fossero Luca Casarini e i vertici della Ong Mediterranea Saving Humans, e che a dare il via libera al dossier fosse stato l’allora premier Giuseppe Conte per questioni di immigrazione; ma nella lista figurano anche il direttore di Fanpage, Francesco Cancellato e il suo collega di Napoli Ciro Pellegrino.

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Per l’opposizione bastavano questi nomi e il fatto che Fanpage avesse firmato inchieste sui giovani di Fdi per dire che il governo Meloni li aveva fatti spiare. In realtà, Graphite si è infilato anche nel telefonino di Eva Vlaardingerbroek, blogger olandese di 28 anni, sposata con un italiano, mamma di una bimba e di sicuro non di sinistra: è infatti un’attivista conservatrice che ha partecipato a vari programmi tv di Tucker Carlson e il 17 maggio scorso anche al discusso “Remigration summit” organizzato a Gallarate dall’ultradestra europea. Infatti Eva ha messo in chiaro: «Non è stato il governo Meloni a spiarmi».

Nella lista dei giornalisti raggiunti dal software israeliano figura anche Roberto D’Agostino, un’istituzione in quanto a capacità d’infiltrazione nel sottobosco delle notizie politiche del Paese. Dagospia, nato 25 anni fa come sito di gossip, è diventato, con il tempo, il più gettonato contenitore di retroscena parlamentari e finanziari, una specie di portineria dei palazzi romani aperta 24 ore su 24. Notizie come se piovesse, provenienti da varie fonti: alcune lanciate come scoop, altre invece nell’ordine della fiction, ma tant’è. Dagospia, come ha scritto lo stesso fondatore, «ha sbriciolato come un supplì ciò che resta della sottile parete che separava la vita pubblica dalla vita privata». Un ficcanaso di professione, Dago, solo che stavolta è lui al centro della notizia.

«Cronache dall’Italia all’olio di ricino: Dagospia finisce spiata!», ha scritto ieri nella homepage del sito ripercorrendo la vicenda con un servizione dal titolo “Fuori la verità”. Il 67enne fustigatore dei governanti si trova dunque nel gruppetto dei 7 cronisti intercettati illegalmente dal software straniero, che voleva utilizzare le piattaforme in uso ai nostri Servizi segreti, ma ha ricevuto un due di picche dall’intelligence ufficiale. Infatti il contratto tra Paragon e il governo italiano è stato rescisso e un responsabile legale è stato ascoltato in audizione al Copasir. La procura di Roma, intanto, ha disposto accertamenti tecnici sugli smartphone dei cronisti, anche a Napoli sono in corso indagini forensi e ci sarebbe pure un noto giornalista straniero tra gli “attenzionati”.

Eva Vlaardingerbroek ieri ha spiegato su X: «Il mio caso non è uno “scandalo di spionaggio italiano”. È stato scoperto in Italia perché vivo lì e ho sporto denuncia. Non perché ci sia dietro il governo italiano. Si tratta», ha aggiunto, «di un fenomeno internazionale. Decine di attivisti e giornalisti di diversi schieramenti politici hanno ricevuto lo stesso messaggio da Apple. E poiché ci sono anche persone in Italia che sono diventate vittime e che, come me, hanno sporto denuncia, le autorità italiane stanno avviando un’indagine».

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