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Ramy, "carabinieri parte civile": tutto ribaltato, sinistra muta

martedì 24 giugno 2025

3' di lettura

Sono indicati come 'persone offese' e, da quanto si è saputo, potrebbero chiedere di costituirsi come parti civili, nel processo per resistenza a pubblico ufficiale, i carabinieri che, a bordo di tre macchine di servizio diverse, inseguirono il 24 novembre scorso lo scooter guidato da Fares Bouzidi, amico di Ramy Elgaml, il 19enne egiziano che era in sella e morì cadendo nello schianto al termine dell'inseguimento. Il 26 giugno, infatti, davanti al gup di Milano Fabrizio Filice, inizierà il processo abbreviato a carico di Bouzidi, che per l'accusa di resistenza era finito agli arresti domiciliari, poi sostituiti con l'obbligo di firma. Per quell'imputazione sono parti offese i sei militari delle tre pattuglie che quella notte parteciparono all'inseguimento di otto chilometri e, da quanto si è saputo, nell'udienza tra due giorni dovrebbero essere formalizzate dai loro legali le istanze di costituzione di parte civile. Alcune sono ancora in fase di valutazione da parte dei legali. Intanto, la Procura di Milano, coi pm Giancarla Serafini e Marco Cirigliano, nei prossimi giorni dovrebbe anche definire le indagini nel filone sull'accusa di omicidio stradale, dopo che il consulente degli stessi pm, l'ingegnere Domenico Romaniello, in 164 pagine ha valutato, in sostanza, come corretto il comportamento del carabiniere alla guida dell'ultima macchina inseguitrice e ha attribuito tutta la responsabilità dell'incidente al 22enne amico di Ramy. Da definire anche la tranche di inchiesta che vede gli altri carabinieri indagati per depistaggio e frode processuale e favoreggiamento, perché due, in particolare, avrebbero intimato di cancellare un video che un testimone aveva realizzato col telefono.

Secondo la ricostruzione dei pm, la notte dell'incidente, seguito poi da tante polemiche, Fares era alla guida del T Max "senza aver conseguito la patente" e "dopo aver assunto sostanze stupefacenti". Invece di fermarsi all'alt dei carabinieri, avrebbe "improvvisamente" accelerato dando il via ad un inseguimento "a velocità elevatissima", mettendo in atto "manovre pericolose", mantenendo "una velocità di gran lunga superiore rispetto ai limiti consentiti", attraversando da una parte all'altra la città e percorrendo vie contromano o sorpassando a destra. Una volta arrivato all'incrocio tra via Ripamonti e via Quaranta il terribile schianto: Ramy morì e Fares rimase gravemente ferito. Per l'incidente, al centro dell'indagine principale, il 22enne è indagato per concorso in omicidio stradale con il carabiniere che quella sera era al volante dell'ultima 'gazzella' inseguitrice. Secondo il consulente dei pm, quando lo scooter tentò di svoltare a sinistra all'incrocio, sbandò e deviò improvvisamente a destra e il carabiniere che lo tallonava se lo trovò in traiettoria. Non poteva sterzare né a sinistra né a destra, altrimenti avrebbe travolto o la moto o un passante. Tentò di frenare, ma, sempre secondo il consulente, fu impossibile a quel punto evitare l'urto e lo schianto finale dei due mezzi verso un palo di un semaforo. Una consulenza che potrebbe portare i pm a chiedere l'archiviazione per il militare e a chiudere le indagini per omicidio stradale, in vista della richiesta di processo, per Bouzidi che, sempre a detta del consulente, con la sua "guida spregiudicata ed estremamente pericolosa" si è "assunto il rischio delle conseguenze".

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 E sul caso è intervenuto il deputato di Fratelli d'Italia, vice Presidente della Commissione Affari Costituzionali ed ex vice Sindaco delle Giunte di Centrodestra milanesi, Riccardo De Corato: "Hanno fatto bene i due carabinieri coinvolti nel caso Ramy a chiedere di costituirsi come parti civili al processo del prossimo 26 giugno, soprattutto dopo che la perizia commissionata dalla Procura di Milano li ha scagionati totalmente. Vorrei ricordare che la stessa perizia aveva scagionato i due rappresentanti dell'Arma, e aveva definito corretto 'il comportamento del carabiniere alla guida dell'ultima macchina inseguitrice e ha attribuito tutta la responsabilità dell'incidente al 22enne amico di Ramy'. Proprio quest'ultimo, lo sottolineo, secondo i Pm era alla guida dello scooter senza patente e dopo aver assunto sostanze stupefacenti per cui, già qualche anno prima, era stato fermato e condannato con l'accusa di detenzione a fini di spaccio. Adesso, però, i vari Sala, Majorino e Rozza, che sin da subito avevano condannato i due rappresentati dell'Arma dei Carabinieri, definendo il loro comportamento non corretto e ragione della morte del giovane Ramy, dovrebbero quantomeno scusarsi e fare 'mea culpa'".

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