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Il "dress code" è stato ucciso insieme al buon gusto

Ormai il bon ton nel vestire, anche in occasione di cerimonie, è una rarità: più che l’eleganza, vince lo sfarzo
di Lavinia Orefici martedì 8 luglio 2025

3' di lettura

Il ripristino del dress code alla Scala sembra un fulmine a cielo sereno, un’iniziativa anacronistica, in realtà è solo il recupero di una buona abitudine che si era perduta nel tempo per sciatteria. E sciatto è la parola d’ordine che sembra regnare adesso nelle occasioni che riguardano l’ufficialità, le cerimonie pubbliche e private, il bon ton e il buon gusto. Come se l’eleganza fosse passata di moda o fosse sinonimo di sfarzo. L’eleganza è sapersi vestire secondo le occasioni e non ha a che fare con i soldi. La stagione della bruttezza per eccellenza è l’estate, quando dall’armadio escono indumenti al limite dell’assurdo e a volte lo sorpassano. C’è chi scambia il mare con la città o con l’ufficio. In bermuda sul posto di lavoro, perché?

Come se qualche centimetro di stoffa in più o in meno facesse differenza per sopportare le temperature roventi. Il caldo sdogana ogni orrore, è una sorta di tana libera tutti per consentirci di vestire come ci pare, e invece no. Le strade delle città si riempiono di persone in canottiere, short e sandali da spiaggia, ciabattine di Hermès comprese. Ma anche le cerimonie più solenni sono lo specchio e il riflesso dei nostri tempi. Rimarrà indelebile il ricordo del corsetto di pizzo bianco, tanto scollato quanto inadeguato, indossato dalla nuova signora Bezos, Lauren Sanchez, all’insediamento del presidente Trump, il 21 gennaio 2025. E, a proposito, chi non ha tutt’ora negli occhi le immagini di quella sfilata durata tre giorni delle nozze veneziane? Più che un matrimonio un carnevale fuori stagione, con abiti che sembravano costumi. Molto sfarzo, poca eleganza.

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Ma non essendo un matrimonio vero e proprio non possiamo dire nulla del bianco, del nero e delle scollature. Meno male che c’erano gli uomini in smoking, ma sul taglio chiudiamo un occhio, anzi due. Non si è salvato neanche il funerale del Papa, quando per rispetto e per protocollo le regole del dress code da rispettare in Vaticano sono ben ferree. C’è poco da fare. Le persone, sia l’establishment che la gente comune, non hanno più idea di come ci si debba vestire e il peggio è che non si pongono nemmeno l’interrogativo: sarò adeguato? È facile, per entrare in qualsiasi chiesa per chiunque le spalle devono essere coperte. L’abbigliamento richiesto agli invitati il giorno delle esequie solenni del Papa, invece, era per le signore gonna sotto il ginocchio, tacchi bassi, collant coprenti e unici gioielli ammessi le perle, per i signori abito e cravatta scuri, blu o grigio. Nessun uomo elegante ha un completo nero nell’armadio.

Un disastro totale su tutta la linea: spiccavano i tacchi a spillo delle regine e della First Lady americana Melania Trump. Non se la sono cavata meglio gli uomini: risaltava il blu elettrico di Donald Trump, quello troppo acceso del principe William e l’azzurro della cravatta di Mario Draghi. Tra i pochi impeccabili i principi di Monaco e i reali di Spagna, ma d’altronde in quanto a classe re Felipe VI ormai è un’istituzione. A proposito di royals, ne avete mai visto qualcuno di loro viaggiare sciatto, preferendo una comoda tuta a un blazer? No, perché come insegnano a Palazzo gli spostamenti rappresentano uno dei momenti di massima visibilità per un reale e l’immagine trasmessa è una priorità. Questo a Chiara Ferragni non l’hanno mai detto. Lei, maestra di tutte le influencer, ha insegnato attraverso i nostri schermi, i social, tutto l’arcobaleno del cattivo gusto: dai vestiti agli smalti, alle ricette servite direttamente in pentola sul tavolo. Dalla padella al piatto di plastica è stato un attimo, mentre i Ferragnez in costume o a torso nudo mangiavano seduti intorno al desco in barca o in villa. Ma al recente concerto di Tony Effe si è visto di peggio, la sua mutanda bianca e rossa spiccava più della voce e farà sicuramente proseliti. Pensare che a inizio ‘900 il problema era lo smoking, troppo cafone per sostituire il frac. Altri tempi! La risalita sarà lenta e faticosa. Tra le poche roccaforti che resistono per fortuna c’è Wimbledon, dove il bianco per i tennisti è obbligatorio, a dimostrazione che la tradizione è sostanza. E chi la segue non sbaglia.

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