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Il prof insulta l'alunno? Punire così i docenti significa delegittimarli

Davvero è il caso di intervenire con la censura? Qualche meccanismo non funziona più: segno eloquente dei tempi
di Francesco Storace martedì 8 luglio 2025

3' di lettura

Mettiamo il professore in castigo? Dietro la lavagna? O lo facciamo tornare in classe accompagnato dai genitori? Prima o poi accadrà anche di dover rispondere al quesito su come maltrattare l’insegnante con l’aiutino della magistratura.

Punite quel docente, ha dato del cretino ad un suo alunno. Il che può anche essere riprovevole, ma se si arriva al terzo grado di giudizio perché anche un insegnante a tempo determinato ha tutto il diritto di essere esasperato per non veder macchiata la sua carriera precaria per una parola di troppo, appare oggettivamente eccessivo. È accaduto a Sassuolo, in un istituto tecnico, l’episodio risale al 2019 e in questi giorni è approdato davanti alle toghe d’ermellino.

Le parole «sei un cretino» pronunciate all’indirizzo dello studente sono state sanzionate. Anzitutto dalla scuola, l’Alberto Baggi, che hanno definito «legittima e congrua» la censura inflitta al professore dal dirigente scolastico. Un omaggio al codice disciplinare per la «violazione dei doveri inerenti alla funzione docente».

AL TERZO GRADO

Al terzo grado di giudizio si è arrivati dopo i primi due, appello compreso, tutti favorevoli allo studente. Il comportamento del ragazzo non era stato apprezzato dal professore; ma in soccorso del giovane arrivano i magistrati. Inutile ogni ricorso del prof... È evidente che c’è qualche meccanismo che non funziona più, un segno eloquente dei tempi. Perché si tratta di una vicenda che tocca sensibilità e corde profonde e delicate. Nessuno vuole “autorizzare” un docente a insultare i suoi alunni.

Ma è davvero questo il caso su cui intervenire con la censura? Aldilà di una parola – cretino – abbondantemente sdoganata nel linguaggio comune, ridotta a battuta o poco più – il punto dolente resta il progressivo svuotamento dell’autorità educativa. C’è una trasformazione non positiva del ruolo dell’insegnante, sempre più messo all’angolo persino dai genitori dei ragazzi a cui ogni giorno dà lezione.
Ma può una parola, magari pronunciata d’impulso, essere trattata come se fosse chissà quale abuso?

RISCHIO DEMOTIVAZIONE

Sempre più spesso, lo studente può provocare senza subire conseguenze di alcun tipo: il docente può essere messo sotto accusa per una reazione umana, forse discutibile ma comprensibile. Tutto questo non rimarrà senza rischi, inevitabili. Ormai gli insegnanti sono sempre più demotivati. E scrivono nelle loro chat, «qualunque cosa dica, rischio un richiamo o una denuncia».

Diventa evidente il crollo dell’autorevolezza del corpo docente, cresce parallelamente la volontà di sfida dello studente. Classi nel disordine, con la reazione difensiva dei professori. Il risultato sarà il caos.
Lungi da noi sostenere il diritto ad un atteggiamento offensivo da parte di chi insegna; ma davvero non c’era altro modo di intervenire, da parte della direzione scolastica, per discutere quei “metodi”, tanto più se verificati in un solo caso? Vogliamo costringere i docenti a scrivere tutto quel che accade in classe, come un verbale di polizia, registrare e proteggersi con atti formali anziché concentrarsi su una professione bellissima e rilevante per la società?

Fermarsi a ragionare, probabilmente è quello che conviene a tutti. E va riconosciuto al ministro Valditara il merito di aver sollevato il tema del rispetto degli insegnanti fin dall’inizio del suo mandato. Magari a palazzo di giustizia non la pensano così, ma il vero scandalo è proprio il fatto che il docente non è più protetto né riconosciuto come figura educativa autorevole. Ci sarà pure un giudice a Berlino, ma a Sassuolo ancora non si è visto.

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