I vestiti indossati da Simona Cinà, la pallavolista di 20 anni morta durante una festa di laurea in piscina a Bagheria, Palermo, non sono spariti come denunciato dalla sorella gemella Roberta e il fratello Gabriele. La sua minigonna di jeans e la sua maglietta verde, stando a quanto si apprende, sarebbero stati prelevati dai carabinieri la mattina del 2 agosto per poter eseguire le attività di indagine. Al momento la Procura di Termini Imerese indaga per omicidio colposo contro ignoti.
Intanto, sarà eseguita nei prossimi giorni l'autopsia sul corpo della 20enne: l'esame dovrebbe chiarire se la ragazza sia annegata e quindi deceduta per un malore o se siano altre le cause della morte. Quando è stata trovata senza vita, indossava un bikini. Alla famiglia della giovane, però, le circostanze in cui è morta Simona non tornano. "Voglio chiarezza sulla sua fine - ha detto il padre Luciano -. C’erano solo bottiglie d’acqua, la piscina era pulita, nessuno ci ha avvisati, è stata mia moglie a chiamare per avere notizie su mia figlia. Dov’è finito l’alcol? Simona era una sportiva, era un pesce in acqua. Vogliamo sapere cosa è successo".
"Non vogliamo puntare il dito su nessuno - hanno spiegato i fratelli Roberta e Gabriele - non vogliamo dire alcunché di affrettato, ma Simona non era un tipo da annegare in piscina. Faceva surf, faceva tante cose, tanti sport nell’acqua che è impossibile che non avesse saputo gestire una situazione di acqua profonda appena due metri". Sulla possibilità che a quella festa sia circolata della droga, invece, hanno detto: "Ce lo siamo chiesto, abbiamo pensato che forse qualcuno ha messo qualcosa nel bicchiere di nostra sorella". Questa, per loro, è l'unica ipotesi possibile dal momento che "siamo certi che Simona non avrebbe mai preso qualcosa volontariamente, lei era salutista, si controllava periodicamente e le società dove giocava chiedevano sempre certificati medici".