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Su Kiev il giornale dei vescovi va contro la linea del Pontefice

Prevost incoraggia il tentativo di mediazione di Trump. Però su Avvenire, quotidiano della Cei, si attacca violentemente il presidente Usa, responsabile di un ritorno alla "legge della giungla"
di Daniele Capezzone giovedì 21 agosto 2025

4' di lettura

Il quotidiano dei vescovi italiani contro la parola del Papa. O, per dirla ancora più chiaramente, linea -Zuppi (nel senso di Matteo Maria, il capo della Cei) contro linea -Prevost. Partiamo dai fatti, che sono oggettivi e incontestabili. Da giorni Papa Leone, in modo esplicito e pubblico, incoraggia e accompagna il tentativo di pace tra Russia e Ucraina mediato da Donald Trump. Primo segno, domenica scorsa: «Preghiamo perché vadano a buon fine gli sforzi per far cessare le guerre e promuovere la pace; affinché, nelle trattative, si ponga sempre al primo posto il bene comune dei popoli».

Secondo segno, l’altro ieri: Prevost ha parlato di «speranza per l’Ucraina», aggiungendo che bisogna ancora «lavorare molto e pregare molto», e ha quindi saggiamente scelto di combinare buoni auspici e consapevolezza delle difficoltà esistenti. Attenzione perché il Papa ha aggiunto un dettaglio altamente rivelatore, rispondendo ai giornalisti che gli chiedevano se avesse sentito Trump e gli altri leader: «Qualcuno di loro lo sento continuamente». Ciascuno comprende il senso di una notazione tutt’altro che scontata: Leone XIV si tiene informato, e- è da presumereincoraggia e consiglia i massimi interlocutori (di cui pure, per evidenti ragioni di riservatezza, non rivela l’identità).

Terzo segno, ieri, con l’indizione papale di una giornata di digiuno e preghiera: «Invito tutti i fedeli a vivere la giornata del 22 agosto in digiuno e in preghiera, supplicando il Signore che ci conceda pace e giustizia, e che asciughi le lacrime di coloro che soffrono a cause dei conflitti armati in corso. Maria, Regina della Pace, interceda perché i popoli trovino la via della pace». Qui, per inciso, la forma è ancora più significativa della sostanza, perché il Papa indica la via della penitenza e della preghiera, tenendosi alla larga da un armamentario da attivisti politici. Invoca la Madonna, non i cortei con le bandiere.
Ecco, a questo punto passiamo al quotidiano dei vescovi italiani. Vedremo oggi come verrà trattato l’annuncio della giornata di digiuno e preghiera: è da presumere che sarà un po’ difficile censurarlo o ridimensionarlo. Ma ieri cos’è successo rispetto alle importanti parole di Leone del giorno prima? Incredibilmente, in prima pagina, c’era solo un invisibile ultimo spezzone dell’occhiello del titolo principale. E la dichiarazione integrale di Prevost sulla speranza e sul suo contatto con i leader?

Non un’apertura di pagina, e nemmeno un articolo vero e proprio: solo una colonnina smilza e magrissima a pagina 3. Per capirci, il medesimo spazio e la medesima collocazione dedicati a una dichiarazione di Giuseppe Conte. Né più né meno.

Per paradosso, è stato un altro Prevost a conquistare più spazio su Avvenire, una bella pagina celebrativa e commemorativa: si tratta della figura del papà del Pontefice, Louis Marius Prevost, di cui gli archivi americani hanno rivelato la partecipazione allo sbarco in Normandia nel 1944. I maliziosi potrebbero annotare: un grande e nobile omaggio al padre del Pontefice, mentre si ridimensiona e si marginalizza la linea del figlio, che sarebbe il capo della Chiesa.

Non solo, tenetevi forte. I lettori del quotidiano zuppista sanno bene come - da mesi - gli editoriali siano regolarmente critici nei confronti dell’amministrazione Trump. Scelta legittima, ci mancherebbe. E tuttavia ieri il fondo firmato da Riccardo Redaelli era contrassegnato da una particolare violenza contro il Presidente Usa, descritto come il responsabile di un ritorno «alla legge della giungla», paragonato a una belva feroce, presentato come il degno compare di Vladimir Putin. Ma ecco il gran finale, che appare letteralmente incredibile: «Se tutto ciò fermerà il conflitto, si berrà questo amaro calice. Ma non illudiamoci: dopo l’Ucraina, il metodo Trump sarà replicato in altri contesti di guerra. E le paci saranno sempre meno giuste e sempre più decise dal ruggito dei felini dominanti il sistema internazionale».
E qui c’è da strabuzzare gli occhi: quindi la pace non va bene se per caso la procura o la favorisce quel puzzone di Trump? Peraltro, la cosa stupisce perché - dalle parti di Avvenire e di Sant’Egidio- il richiamo alla pace è costante da decenni, in qualche caso perfino con una discutibile sensazione di equidistanza tra aggressori e aggrediti. Ma stavolta no: perfino un’eventuale pax trumpiana è un «amaro calice».

Ora capite bene che la situazione è spiazzante: nelle stesse ore, abbiamo da una parte il Papa che mette il suo peso e la sua speranza a favore della trattativa, e dall’altra il quotidiano dei vescovi italiani che spara a palle incatenate contro il principale mediatore della trattativa stessa. Il quale Trump, peraltro, poteva o potrebbe essere attaccato anche tra dieci giorni o tra un mese: perché farlo in modo così violento proprio in queste ore?

Tra l’altro, i lettori del quotidiano zuppista, da molti mesi, quando invece si tratta della Cina e del regime comunista di Pechino, leggono editoriali scritti in punta di penna, spesso comprensivi e addirittura simpatetici, e comunque sempre cauti e rispettosi, dal linguaggio sorvegliatissimo. Qui invece, rispetto a Trump, la prosa - se così si può dire - è in punta di randello. Solo una casualità? Chissà.

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