Riparte l’incidente probatorio del caso Garlasco (dopo la mini pausa estiva) e riparte con due importanti novità, una di metodo e una di merito. La prima (quella procedurale) riguarda una probabile proroga di questa fase: la gip di Pavia Daniela Garlaschelli ha appena fissato un’udienza per il 26 settembre, cioè tra due settimane. Questo incontro, fino a qualche ora fa, non era in programma (la fine dell’incidente probatorio era prevista invece per l’ultima decade di ottobre), ma il quadro è diventato più complesso e la convocazione fa pensare a uno slittamento del termine. «Ci è stata notificata», conferma infatti Francesco Compagna, che è l’avvocato che assiste la famiglia di Chiara Poggi, tra sedici giorni si cercherà di «coordinare e mettere ordine nel contesto in cui la procura ha svolto gli accertamenti su “ignoto 3” parallelamente all’incidente probatorio stesso» e si chiariranno «le modalità di prosecuzione di quest’ultimo». Tradotto, non serve masticare il giurisprudenzese, significa che ci vuole (ancora) dell’altro tempo.
Il secondo nodo è, invece, di natura assai più sostanziale per l’indagine che la magistratura di Pavia ha aperto, nel marzo scorso, diciotto anni dopo il delitto, con un colpevole già giudicato in via definitiva a sedici anni di carcere (Alberto Stasi) e a carico di un solo sospettato (Andrea Sempio), accusato di concorso in omicidio con Stasi o con altri. Il 26, tra i temi in discussione che interesseranno l’aula del tribunale lombardo, ci potrebbe essere quello dell’ipotetica (per ora) contaminazione pure delle tracce di dna maschile ritrovate sotto le unghie della vittima. Non è la prima volta, nell’inchiesta bis di Garlasco, che sbuca la parola “contaminazione”. Ha già riempito le pagine dei giornali (e quelle delle perizie), un mesetto fa, in relazione al materiale genetico rinvenuto nella bocca di Chiara: lì per lì s’era pensato di aver trovato una prova del passaggio dell’assassino, ma è saltato fuori che era il frutto di una garza mal utilizzata e di un’autopsia (quella avvenuta nel 2007) eseguita senza rendersi conto dell’inquinamento con un altro cadavere.
Ora, tuttavia, se si replicasse la spiegazione, la vicenda prenderebbe tutt’altra piega. Il dna reperito sotto le unghie di Chiara, cui i pm pavesi sono sicuri di Sempio, è considerato la “prova regina” dell’impianto accusatorio attuale. Le indiscrezioni ipotizzano un trasferimento di materiale attraverso le forbicine con cui sono state tagliate le unghie: vero è, e questo è sempre stato noto, che quel materiale genetico maschile è presente in quantità risicata (tant’è che la difesa di Sempio ha sempre sostenuto che, se fosse suo, potrebbe essere finito lì perché sia lui che Chiara usavano lo stesso pc) e vero è anche che di errori, nella prima fase di investigazioni, ne sono stati fatti parecchi.
Tuttavia ieri, col riavvio dell’incidente probatorio, l’attenzione era concentrata sulla spazzatura e sulle impronte latenti lasciate sul bicchiere di Estatè, sulla confezioni di biscotti e sul sacchettino dei cerali dell’ultima colazione di Chiara quel maledetto 13 agosto di diciotto anni fa. Sono otto quelle trovate, due «potenzialmente utili per i confronti» (come spiega l’ex generale Garofano. Ricomincia da qui, Garlasco, e ricomincia con più dubbi che certezze.
«A distanza di diciotto anni, con grande sorpresa, sono stati rinvenuti rilievi dattiloscopici», ammette la legale del pool di Stasi Giada Bocellari uscendo dalla questura di Milano dove si stanno concludendo gli esami programmati: «Non è detto che siano confrontabili e utili giuridicamente. Hanno dei requisiti minimi per passarle a una fase di valutazione successiva, vedremo i prossimi step. L’incidente probatorio ci dirà se sono utili e se sono di qualcuno, per le valutazioni è prematuro».
«Andrea è stanco ma tranquillo», racconta poi Angela Taccia, uno dei due avvocati che difende Sempio, «è dispiaciuto più che altro per i suoi genitori, però vuole che vengano fatte tutte le indagini dalle quali non emergerà nulla. Non temiamo sorprese, ha sempre detto la verità e non si è mai contraddetto». Mentre per l’ex graduato dei carabinieri oggi consulente di Sempio Luciano Garofano «visto o risultati che abbiamo ottenuto attraverso l’esame del dna sulla spazzatura siamo fiduciosi che non ci sia nulla di riconducibile» al giovane 37enne di Vigevano.