Repubblica chiude i battenti, ma non in modo definitivo. Dopo due giorni di assemblea la redazione del quotidiano diretto da Mario Orfeo annuncia 5 giorni di sciopero. Una protesta legata all’annuncio della vendita del giornale. E chiede che Gedi impegni il futuro editore su una serie di garanzie, a partire dalla tutela dei posti di lavoro per arrivare alla difesa della linea storica di Repubblica. Al momento il candidato più papabile all’acquisto è il Gruppo Antenna dell’imprenditore di media greco Theo Kyriakou.
Da qui l'idea di astenersi dal lavoro. Su 316 aventi diritto hanno votato in 271: la linea è stata approvata da 254, 9 contrari e 8 astenuti. Il giornale non sarà dunque in edicola sabato 13 dicembre e il sito non sarà aggiornato dalle 7 di venerdì fino alle 7 di sabato. Già il 10 dicembre è stata la volta dello sciopero de La Stampa, testata dello stesso gruppo della famiglia Elkann.
"L’assemblea delle giornaliste e giornalisti di Repubblica - si legge nel comunicato finale dell’11 dicembre - insieme alle lavoratrici e ai lavoratori degli altri settori, prende atto con profondo sconcerto dell’annuncio della proprietà della svendita di quel che resta del nostro gruppo editoriale, che in questi anni è stato smantellato pezzo dopo pezzo dall’attuale editore, John Elkann. L’assemblea decreta lo stato di agitazione permanente con la sospensione immediata della partecipazione a tutte le iniziative editoriali speciali e consegna al comitato di redazione e alla Rappresentanza sindacale unitaria dei poligrafici un primo pacchetto di cinque giorni di sciopero: siamo pronti a una stagione di lotta dura a tutela del perimetro delle lavoratrici e dei lavoratori e dell’identità del nostro giornale a fronte della cessione ad un gruppo straniero senza alcuna esperienza nel già difficile panorama editoriale italiano e il cui progetto industriale è al momento sconosciuto".
Per questo, "l’assemblea ritiene intanto indispensabile che i vertici di Gedi mettano immediatamente sul tavolo delle trattative con l’acquirente garanzie sul mantenimento dei livelli occupazionali e sulla salvaguardia dell’identità politico-culturale di un giornale come Repubblica, che costituisce dalla sua fondazione, 50 anni fa, un pezzo della storia e della politica nazionale". Insomma, la redazione si impegna "fin da oggi a combattere con ogni strumento a nostra disposizione per la difesa di queste garanzie democratiche fondamentali per l’intero Paese. In ballo non c’è un semplice marchio, ma la sopravvivenza stessa di un pensiero critico. Per questo faremo appello a tutte le forze sociali, politiche, sindacali e istituzionali oltre che alla comunità dei lettori per avere il loro sostegno nella battaglia che ci attende".