Il ministro della Difesa, Guido Crosetto, non sa più come ripeterlo: all’orizzonte non c’è alcun ripristino della leva obbligatoria. «Si stanno allarmando le persone», si è sfogato anche mercoledì sera nel suo intervento alla trasmissione Realpolitik, su Rete4. Il numero uno di via XX Settembre ha ribadito quale sarà la bussola che orienterà il prossimo disegno di legge governativo: «Chiedere se c’è qualcuno in Italia, al di là di quelli che fanno il militare per professione, che potrebbe dedicare un anno della sua vita a un servizio a vantaggio dello Stato, a supporto delle sue Forze armate».
TABELLA DI MARCIA
Il provvedimento è in preparazione: secondo quanto raccolto da Libero, il testo dovrebbe approdare in Consiglio dei ministri a gennaio per poi diventare legge, questo è l’auspicio, entro sette, otto mesi al massimo. E comunque prima della sessione di bilancio del prossimo anno. L’articolato sarà di iniziativa governativa - un disegno di legge, primo firmatario lo stesso Crosetto - ma poi la palla passerà al Parlamento, dove in materia di «riserva ausiliaria delle Forze armate dello Stato» c’è anche una proposta di legge depositata da Antonino Minardo, presidente della commissione Difesa di Montecitorio. L’intenzione di Crosetto è quella di fare solo il primo passo, mettendo a disposizione di tutti i gruppi, di maggioranza e di opposizione, uno strumento per adeguare l’organico della Difesa. Nessuna bandierina politica, anzi. Nei desideri del ministro, dovrebbero essere i tecnici, ovvero i militari, a spiegare a Montecitorio e Palazzo Madama, in sede di audizione, quale dovrebbe essere il bacino dal quale attingere per potenziare un settore, quello delle Forze armate, che ha bisogno di essere adeguato ai tempi che cambiano. Ma questo, ha detto Crosetto, «non ha nulla a che fare con la preparazione di una guerra e con l’idea di entrare in guerra».
Si possono supportare le Forze armate «in molti modi», infatti. E qui si arriva al nocciolo della questione: l’Italia, e la sua Difesa, hanno bisogno di specialisti. Di tecnici delle emergenze. Che non sono necessariamente, e non solo almeno, belliche. Si pensi, ad esempio, alle calamità naturali. Certo, un occhio di riguardo sarà riservato agli esperti di “cyber security”, ma saranno benvenute anche le professionalità in grado di eccellere nel campo di quella “protezione civile allargata” sul quale sarà possibile aprire un confronto con i gruppi di opposizione. In ogni caso, queste figure tecniche non sarebbero mai destinate alla “prima linea”. Semmai, dovrebbero sgravare le Forze armate di compiti che potrebbero essere assolti con più competenza da professionisti provenienti dalla vita civile. L’obiettivo è “ingaggiare” fino a 10mila uomini.
GLI ALTRI INTERVENTI
In parallelo, ieri il Consiglio dei ministri ha esaminato due decreti legislativi per rafforzare gli organici delle Forze armate “regolari”. Nel primo il personale sanitario, finora diviso in tre, diventa interforze. Nel secondo la Difesa regolamenta, agevolandolo, il passaggio tra le categorie con l’obiettivo di stabilizzare la dotazione organica di 160mila unità. Si tratta di un mix di disposizioni tecniche per favorire maggiore flessibilità e dinamismo nei percorsi di carriera, con età di accesso più giovane e permanenza più lunga nel ruolo. In particolare, è estesa fino al 2033 la possibilità di partecipare ai concorsi per ufficiali ai marescialli, sergenti e graduati, con il limite di età elevato a 40 anni.