I volti pixellati perché è giusto così: i tre piccoli Birmingham-Trevallion sono finiti sui giornali fin troppo, di loro si parla, si chiacchiera, si discute in tivù e nei bar. Però, di base, si sa pochino. Ci siamo polarizzati un po’ tutti, è la polemica del Natale 2025: quelli pro (che colpe ha, dopotutto, la “famiglia del bosco”, se non quella di aver scelto uno stile di vita fuori dal comune?) e quelli contro (va bene ogni obiezione, ma c’è un limite ed è quello dell’istruzione e delle basilari norme igienico-sanitarie). Il problema è che nel mezzo ci sono loro, una bimba di otto anni appena e due gemellini di sei: scombussolati, portati via dal loro quotidiano, costretti a vedere mamma Cate solo durante i pasti in comunità e babbo Nathan quando l’orario delle visite alla struttura di Vasto lo consente. C’è, tuttavia, qualcuno che s’è chiesto, se l’è domandato veramente, come vivessero prima di un mese fa? Come fossero le loro giornate, come le trascorressero, cosa facessero nei giorni di festa e in quelli feriali, per svagarsi, per giocare?
È una di quelle situazioni in cui un’immagine (e qui ne abbiamo almeno sei) vale più di mille dispute, ciarle, pettegolezzi. A pubblicarle per primo (si tratta di fotografie che raffigurano una normalissima, comunissima famiglia che potrebbe abitare a Milano o a Roma o a Firenze) è il Corriere della Sera. A scorrerle c’è chi potrebbe rimanere deluso: ma come, Cate Birmingham non aveva scelto l’esistenza neorurale tutta asini e natura e plastic-free? Ecco, la realtà (a quanto pare) è un tantinello differente.
La prima riflessione è che ideologizzare non va bene mai. Di certo non va bene qui e, di sicuro, non fa un buon servizio in questa storia (da una parte come dall’altra). Il secondo ragionamento è che i bambini sono soprattutto questo, e possono vivere (felici) in un casolare in mezzo alla selva con un cavallo e l’acqua da tirar su dal pozzo, ma se in un centro commerciale troveranno la macchina di Spiderman a gettoni stai sicuro che vorranno salirci. La terza valutazione è che, a questo punto, probabilmente è il caso di fare un passo indietro.
L’ALBUM
Di cosa stiamo parlando? Foto numero uno: tre ragazzini che, seduti nel dehors di una gelateria, tutti e tre vestiti bene, affondano un cucchiaino monouso di plastica in una coppetta (pare) alla vaniglia. Scena di vita ordinarissima. Oppure, foto numero due: ancora loro tre su una moto e due macchine dentro a un centro commerciale. Foto numero tre: due di loro che scendono da uno scivolo di plastica giallo in quello che potrebbe essere un parco giochi o uno scampolo di Palmoli. Foto numero quattro: tutti e tre in fila, di nuovo vestiti a festa, le femminucce con la gonna e gli stivaletti, il maschietto con una camicia a quadretti, che nel bagno (sembra dello stesso centro commerciale) si lavano le mani (prima il sapone, poi l’acqua, poi l’aria per asciugare). Foto numero cinque: il tavolo quadrato del casolare nel Teatino, un quaderno a testa, un libro stile abbecedario delle elementari, un astuccio e tante matite colorate. Infine foto numero sei: dentro un supermercato, reparto acque minerali, i due gemellini si abbracciano e la più grande è davanti a loro.
Non dà l’impressione di un album di famiglia con problemi, con una socialità Nathan e Catherine dimezzata, con una scolarità negata. Non è un caso che questi scatti vengano resi pubblici proprio adesso che sta per iniziare l’anno nuovo e che il tribunale per i minorenni dell’Aquila ha disposto una perizia psicologica sulla coppia anglo-australiana più famosa d’Italia. È una strategia, ormai è tutta comunicazione: perché la narrazione sulla vicenda va in canali paralleli e si è alimentata, specie nelle ultime settimane, di inesattezze e piccole falsità. Gli avvocati Marco Femminella e Danila Solinas, quelle foto, le hanno anzitutto allegate al ricorso che hanno appena presentato contro l’ultima ordinanza della magistratura per i minori. Sono lì, sono da vedere: le immagini non mentono. I principi neorurali che ha scelto mamma Cate non hanno precluso ai suoi figli di condurre un’esistenza (anche) normale. Uguale a quella di qualsiasi altro bimbo di quell’età.
TEMPI STRETTI
«Occorre saggezza», dice, infatti, lo psichiatra Tonino Cantalemi che la “famiglia del bosco” ha giusto nominato come suo consulente di parte: «Comprendo i giudici, ma che idea possono avere i bambini di un padre in precedenza affettuoso al quale viene vietato il pranzo di Natale? Siamo certi che non sia traumatico per loro?». Tra l’altro Nathan Trevallion, al momento, di inghippi da risolvere ne ha più di uno: si è allungata la tempistica per il ricongiungimento della sua famiglia e il villino che l’imprenditore Armando Carusi gli ha messo a disposizione sarà disponibile (come è stato anticipato fin dall’inizio) solo fino a febbraio. Dopo, aspettando i lavori di adeguamento del casolare, i Birmingham-Trevallion dovrebbero (nel caso di una loro riunione) trasferirsi in un’abitazione comunale proposta dal sindaco di Palmoli Giuseppe Masciulli.