Le Brigate al-Quds, braccio armato della Jihad islamica palestinese, hanno pubblicato un video dove si vedono due ostaggi attualmente detenuti a Gaza. Si tratta di una donna anziana seduta su una sedia a rotelle, che i media israeliani hanno identificato come la 77enne Hanna Katzir, e del dodicenne Yagil Yaakov. I due potrebbero essere rilasciati per motivi umanitari. Il canale Channel 12 spiega che la donna è uno delle fondatrici del Kibbutz Nir Oz. Il marito è stato ucciso lo scorso 7 ottobre nell'attacco di Hamas. Nel video i due prigionieri, parlando in ebraico, accusano il primo ministro Benjamin Netanyahu di essere la causa della situazione attuale. È la prima volta che la Jihad islamica pubblica filmati di ostaggi detenuti
Ogni giorno milioni di persone digitano su Google: “Cosa fare a...”, “Eventi oggi a...”, “Posti da visitare a...”. Semplici ricerche? No. Sono segnali. Tracce digitali. Indizi preziosi su cosa cercano i viaggiatori, cosa li attira, dove vogliono andare.Nel settore turistico questi segnali valgono oro… …ma solo se sai leggerli! Il punto è questo: oggi non puoi più permetterti di andare a istinto. Né di promuoverti “a sensazione”. Il mercato si muove velocemente, i gusti cambiano, i trend nascono e muoiono in un attimo.
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D alla «Conversazione continuamente interrotta» ai fili della memoria riallacciati attraverso il nastro magnetico della «Conversazione ritrovata». Un pezzo di modernariato inedito che riporta al 1972 e che, uscito fuori da una scatola custodita per decenni in una biblioteca privata, fa rivivere Ennio Flaiano con le mirabilia della tecnologia informatica. L’audio della bobina spuntata tra i libri e i ricordi di un caro amico dello scrittore pescarese, il poeta Giuseppe Rosato, è diventato un ardito progetto multimediale: un docufilm di 45’ in 4K in cui l’intelligenza artificiale dà volto e movenze alle parole e allo spirito dissacrante di una delle voci più originali e meno incasellabili del ’900. Era il 19 maggio 1972 quando Flaiano e Rosato si scambiavano davanti al microfono di un registratore idee e opinioni sul testo teatrale che sarebbe andato in prima al Festival dei Due Mondi di Spoleto. Formalmente un’intervista, oggi documento storico, di straordinaria vitalità e non solo per l’inedita veste di avatar cucita al computer da Andrea Sisofo al progetto firmato da Matteo Veleno, Maria Rosato, Davide Cavuti e Giulio Capone, presentato ieri in anteprima a Pescara, che peraltro domenica ospiterà la serata finale della 52ª edizione dei Premi internazionali che Edoardo Tiboni intitolò all’amico Flaiano.
Figura atipica del panorama culturale italiano del secondo dopoguerra, più citato che conosciuto realmente, dalla vena creativa dispersiva, firmò come sceneggiatore i grandi capolavori di Fellini e cristallizzò personaggi e società degli Anni ’50 e’60 nei suoi fulminanti aforismi che disegnarono l’Italia com’era e persino come sarebbe stata. La sua vocazione di scrittore, manifestata subito con collaborazioni giornalistiche di rilievo e da eleganti elzeviri fu consacrata dalla vittoria nel 1947 della prima edizione del Premio Strega con il romanzo Tempo di uccidere, costruito sulle memorie della guerra d’Africa come sottotenente di complemento volontario. Commentò da par suo la frase di un critico che voleva aspettare la sua seconda prova: «Sta ancora aspettando». Il cinema, che seguiva come critico (anche letterario e teatrale), gli spalancò le braccia intuendone il genio creativo, ma tenendolo in secondo piano come allora si usava per gli sceneggiatori, assai meno considerati di quanto lo siano oggi. Inventò letteralmente la Dolce Vita di Roma che Federico Fellini esportò su pellicola in tutto il mondo, e la visse intensamente senza farsene contaminare, così come la stagione irripetibile e magica dei circoli del Caffè Greco e di via Veneto, frequentando intellettuali veri e sedicenti sponsorizzati, (allora come ora), e umanità varia che gravitava attorno alle magie e alle illusioni della settima arte. Brillante e raffinatamente caustico nella vita pubblica, mai fuori le righe e sempre attento a rimanere fuori dagli eccessi per quel pudore dei sentimenti che lui attribuiva alla sua abruzzesità, in privato era taciturno e segnato nell’intimo dalla sofferenza per la malattia dell’unica amatissima figlia Luisa detta Lelè, su cui aveva tenuto un tenero diario che si interrompe bruscamente con la diagnosi raggelante dell’encefalopatia. All’epoca attribuirono l’inspiegabile divorzio dal sodalizio artistico con Fellini al fatto che Flaiano si era offeso per essere stato mandato in classe turistica sull’aereo che li portava negli Stati Uniti per le quattro nomination agli Oscar per il film 8 e 1/2 (poi ne vinse due); mentre in realtà, ma si scoprì solo dopo, a ferirlo fu una frase del regista, a casa sua, riferita proprio a Lelè e alla sua disabilità.
La sua aspirazione più alta era di scrivere per il teatro, ma quando nel 1960 presentò Un marziano a Roma con Vittorio Gassman, la prima a Milano fu un autentico e bruciante fiasco: l’ultimo, vero e clamoroso, del teatro italiano che non ne comprese la grandezza, ripiegato nel conformismo oppure inutilmente e pretenziosamente sperimentalista. «L’insuccesso mi ha dato alla testa», chiosò, ma il colpo fu duro. Eppure oggi quel marziano è diventato paradigmatico di un fenomeno di costume e di come i media masticano e poi risputano le novità, alle quali è sempre più facile assuefarsi dopo le overdose da moltiplicazione del racconto televisivo. «La conversazione continuamente interrotta» andò in scena pochi mesi prima della scomparsa di Flaiano, che se ne andò a 62 anni, il 20 novembre. L’allestimento di Spoleto della «Conversazione continuamente interrotta», firmato da Vittorio Caprioli, il 22 giugno 1972 vedeva sulla scena la coppia Cochi e Renato, e Paolo Bonacelli. Lo spettacolo fu ripreso da Giorgio Albertazzi, indimenticato presidente della giuria teatrale dei Premi internazionali, a partire dal 1978 al Teatro Argentina nella versione diretta dal regista Luciano Salce. Spezzoni di questa rappresentazione sono stati inseriti nel docufilm «La conversazione ritrovata», alla quale l’oggi novantatreenne Giuseppe Rosato ha prestato il volto e la valigia dei ricordi, e la tecnologia lo ha fatto ringiovanire di mezzo secolo per poter dialogare con Flaiano. Al quale è capitato davvero quello che riteneva il peggio che potesse capitare a un genio: essere compreso.
Fiori, foto e biglietti sono stati deposti in omaggio al calciatore del Liverpool Diogo Jota e a suo fratello, morti in un incidente stradale in Spagna. La Guardia Civil spagnola ha confermato all'Associated Press che Jota e suo fratello sono stati trovati morti dopo che la loro auto è uscita di strada nei pressi della città occidentale di Zamora. Le autorità hanno riferito che l'auto era in fiamme. La polizia sta indagando sulle cause dell'incidente. Non sono stati coinvolti altri veicoli. A bordo dell'auto c'erano Jota, 28 anni, e suo fratello Andre Silva, 25 anni, entrambi calciatori portoghesi. Jota ha anche giocato nella nazionale portoghese, contribuendo alla vittoria della Nations League il mese scorso. Silva ha giocato con il club portoghese Penafiel nelle serie minori. Jota è approdato al Liverpool dal Wolverhampton nel 2020 e ha vinto tre trofei importanti con il club del Merseyside, tra cui il titolo della Premier League nella scorsa stagione. La morte di Jota arriva poche settimane dopo il suo matrimonio con Rute Cardoso, con cui aveva scritto sui social media: “Sì, per sempre”.
La portaerei cinese Shandong è arrivata per la prima volta a Hong Kong. La Shandong è entrata in porto insieme al suo gruppo da battaglia, che comprende i cacciatorpediniere lanciamissili Yan'an e Zhanjiang e la fregata lanciamissili Yuncheng. La portaerei rimarrà a Hong Kong per qualche giorno e sarà aperta al pubblico per visite guidate a pagamento. La Shandong è una delle tre portaerei della Marina cinese. Il mese scorso, due delle navi hanno operato insieme per la prima volta nel Pacifico.