Caccia grossa

Milano allo sbando, nella Darsena... ecco cosa state vedendo

Claudia Osmetti

Attenzione, c'è un cinghiale nella Darsena. Milano si sveglia così. Sono le sette e mezzo di giovedì mattina, fa un caldo che si boccheggia e la voglia di tuffarsi per un bagnetto rinfrescante (siamo onesti) ce l'abbiamo tutti. Ma proprio tutti. Pure i maiali selvatici. E infatti guardalo lì, un esemplare bello grosso, che galleggia beato nelle acque del Naviglio. Spunta a malapena il muso, avanza lento. Il canale, d'altro verso, è piattissimo. Mica è scemo, questo cinghiale meneghino. Non lo è anzitutto perché non si fa fregare dall'afa e dalla calura come facciamo noi che, anziché andare all'Idroscalo, ci tappiamo in ufficio.

 

 

E poi perché per prenderlo servono (nell'ordine) quattro squadre dei vigili del fuoco, comprese di sommozzatori e uomini Saf (al secolo il Nucleo speleo alpino fluviale), nonché diversi agenti della polizia locale e della Protezione civile. Il recupero dell'animale, lo dicono subito, è difficile a causa delle sue «ottime capacità natatorie». Nuota che è una bellezza, l'ungulato. E prima lo avvistano sulla Darsena, poi aprono un tombino in via Solari per permettere ai sommozzatori di mettersi sulle sue tracce, poi il direttore della Protezione civile di Milano, Cristano Cozzi, afferma «è verosimile che esca da lì» e, nel frattempo, i veterinari accorsi preparano la siringa con l'anestetico per bloccarlo, (mentre un uomo grida «torna a Roma che qui ti vogliono ammazzare») ma all'appuntamento lui, l'animale, non si presenta. La Darsena intanto diventa zona off-limits per ragioni di sicurezza e dove s'è nascosto? È un mezzo giallo.

«Il pericolo», spiega Claudio Cardinali, di professione vigile del fuoco, «è che possa uscire e entrare nel contesto cittadino». A un certo punto si pensa sia nel tratto che va da piazzale Cantore a piazza Tripoli e allora ci si mette a cercare nelle acque sotto al manto stradale. I sommozzatori aprono di nuovo i tombini e si buttano nelle viscere. Trovano le tracce dei suoi zoccoli robusti. Gira voce che sia «enorme, due quintali». I cittadini osservano incuriositi la scena. Un uomo vuole a tutti i costi restare nell'aria considerata pericolosa. Urla, si dimena e gli agenti della polizia locale lo ammanettano e portano via. Certo, non è Roma che coi cinghiali ha una storia ormai decennale. Però mica è tanto rassicurante l'idea di poterselo trovare di fronte. Metti che sbuca all'improvviso di notte? Metti che ti piomba addosso al parco, quando sei coi bambini, richiamato dalla merenda che hai appena scartato?

 

 

Sono più di 4mila gli esemplari che scorrazzano in Lombardia e, signori, battute a parte, piccoli episodi (che fanno anche sorridere, come quello di Milano) a parte, sono un bel guaio. «Sono onnivori, mangiano di tutto. Dal mais alle patate. Attaccano addirittura le piante, come gli uliveti» fanno sapere dalla Coldiretti Lombardia. Provate a chiedere agli agricoltori, ai contadini. Nel Comasco, magari. O nel Lecchese. Dove alcuni campi sono invasi, da tempo. Dove le incursioni sono all'ordine del giorno e ci sono dei prati che, oramai, sono stati abbandonati dai trattori e dalle mietitrici. Troppo pericoloso provare a cavarci anche solo una rapa. Negli ultimi dieci anni la Coldiretti ha contato almeno 9mila attacchi dei cinghiali nel territorio della nostra regione che hanno devastato non solo le campagne ma che hanno pure provocato diversi incidenti stradali. E, se non bastasse, «i cinghiali rappresentano un pericoloso veicolo per la peste suina che costituirebbe un danno importante soprattutto qui, dove è allevato oltre il 50% dei maiali italiani». Per dire.