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Milano, la banda dei finti poliziotti: assalti, divise, armi e cocaina

di Emiliano Dal Toso sabato 6 aprile 2024

3' di lettura

Vestiti da poliziotti hanno consumato una rapina da un milione di euro in un laboratorio orafo a Milano. Ma sono stati arrestati proprio da quelle forze dell’ordine a cui volevano assomigliare. Per poter ingannare, rapinare e delinquere. E adesso, i componenti della banda armata si trovano in manette.

Gli agenti della Squadra mobile, coordinati dalla procuratrice aggiunta Laura Pedio e dalla pm Rosaria Stagnaro, hanno arrestato dodici persone, tutte di cittadinanza italiana, di età compresa tra i 40 e i 67 anni, eseguendo un’ordinanza di custodia cautelare in carcere emessa nei loro confronti su richiesta dei pubblici ministeri del VII Dipartimento. Per dieci di loro il gip Tommaso Perna ha confermato la custodia cautelare in carcere, mentre per due di loro è stata disposta la misura cautelare degli arresti domiciliari.

Ora gli indagati dovranno rispondere, a vario titolo, dei reati di detenzione di armi e munizionamento, detenzione e ricettazione di divise delle forze dell’ordine di provenienza illecita, detenzione di sostanze stupefacenti. Le indagini sono durate anni e la principale peculiarità della banda italiana è l'utilizzo di indumenti e dispositivi come parrucche, oltre alle divise delle forze dell’ordine, utilizzate con il fine di conquistare la fiducia delle vittime e di ingannarle. Tutto ha inizio giovedì 4 novembre 2021, qualche minuto dopo le 8 di mattina. In via Assab, vicino alla stazione Cimiano della metropolitana verde, cinque persone con il volto totalmente travisato e armate di pistola fanno irruzione in un laboratorio orafo, Trafilor, indossando maschere di gomma sul viso. Come in un film, immobilizzano e imbavagliano i dipendenti, e aspettano l’arrivo della titolare, una signora di 52 anni. Da quest’ultima, si fanno aprire la cassaforte ed escono da lì con lavorati e semilavorati in oro e palladio, oltre ad altro materiale prezioso, per un valore stimato complessivo di circa un milione di euro. Un bottino considerevole per la banda, che in quell’occasione riesce a fuggire in tempo, prima dell’arrivo dei poliziotti. I lavoratori rimangono legati e imbavagliati fino alle 10.50 circa, quando riescono a liberarsi e a chiedere aiuto.

Gli approfondimenti investigativi, condotti dai poliziotti della Sezione Reati contro il Patrimonio, hanno consentito di individuare un gruppo di pregiudicati sospettati di essere coinvolti a vario titolo nella rapina e, per merito dell’attività tecnica di intercettazione, è emersa la pianificazione di un’altra rapina da compiere in provincia di Varese. Nel novembre del 2022, inoltre, gli agenti della Squadra mobile avevano già individuato un appartamento inviale Romagna, utilizzato dal gruppo criminale per nascondere armi, munizioni, uniformi delle forze dell’ordine e tutto ciò che ritenessero necessario per portare a termine le azioni criminose. Nel corso di una perquisizione erano stati sequestrati un fucile a pompa calibro 12 Franchi, una pistola calibro 22 Browning, entrambi rubati, e anche una pistola calibro 7,65 Beretta con matricola abrasa e munizionamento compatibile con le armi. Sempre in quello stesso appartamento, un vero e proprio covo di criminalità, è stato ritrovato anche un chilo di cocaina, già sporzionata in bustine pronte per il consumo, e persino un distintivo della Guardia di Finanza, nonché divise di corrieri espressi.

La sede delle riunioni per organizzare le loro azioni e pianificare le rapine però era un altro: il Cimitero Monumentale, auspicando che radunandosi tra le tombe non potessero essere intercettati. E infatti, nell’ordinanza di custodia cautelare si legge che, durante i servizi di pedinamento eseguiti dagli agenti della mobile, proprio «all’interno del Cimitero Monumentale è stato individuato il gruppo criminoso, riconoscendo fin da subito le fattezze e le movenze di alcuni soggetti» che erano «raggruppati tra le tombe, in modo tale da non poter essere raggiunti da nessuno, punto strategicamente scelto per poter parlare in modo tale da non essere ascoltati».

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