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Viaggio tra i ristoranti non stellati... ma di talento

Da Abba, aperto in un ex pennellificio, all’elegante Borgia in via Washington. Fino al locale di Daniele Canzian
di Stefano Corrado martedì 24 giugno 2025

3' di lettura

Le stelle, cantava Vasco, stanno in cielo. Alcune volte si trovano anche sulla carta della più prestigiosa delle guide gastronomiche. Altre volte, invece, sono solo virtuali: brillano nelle cucine e nelle sale dei ristoranti, ma non sono riconosciute e certificate. Locali come Borgia, Abba, Procaccini e DanielCanzian sono già nel gotha della ristorazione, pur senza astri riconosciuti dalla Rossa. Apprezzati da chi ama la grande cucina e i locali di sostanza, offrono esperienze uniche e meritano di essere scoperti e raccontati meglio. Prendiamo ad esempio Borgia, elegante, fine e accogliente ristorante in via Washington. Il suo chef è il talentuoso Giacomo Lovato, varesino schivo e riservato, che fa alta cucina contemporanea e creativa con influenze internazionali, in particolare francesi, e ha un forte accento sulla stagionalità e una grande sensibilità per gli ingredienti vegetali. Perché questo indirizzo non ha la stella? Mistero. Dispone di una ventina di coperti in spazi enormi su più livelli, infarciti di arte e di influenze energeticamente zen.

Un servizio attentissimo per niente impettito, panificati di alto livello, carta vini affatto scontata, un menu Psiche unico nel suo genere (viene scelto dallo chef dopo un test attitudinale che il cliente compila e che viene analizzato da Edoardo Borgia, psicologo e patron). E poi ci sono i menù Identità, complesso e di grande impatto, e Natura, totalmente vegetale, con un'intensità e una struttura che non ha nulla da invidiare a un percorso a base carne. Lovato prepara un tagliolino in brodo di trota affumicata che è una bomba. Lo stesso si può dire del risotto con ristretto di funghi e mantecato con mirtilli rossi, un piatto che vale il viaggio.


Stessa qualità ma altro stile per il Procaccini, fine dining in zona Sempione, che meriterebbe anch’esso i massimi riconoscimenti. Aperto da meno di un anno, è condotto dal giovane e più che promettente chef Emin Haziri, un Cannavacciuolo boy con precedenti esperienze internazionali. Il locale si presenta con ambienti raffinati e accessibili e uno stile razionalista unito a elementi di essenziale contemporaneità. In sala, oltre a un pianoforte a coda, ha un fenomeno di nome Luis Eduardo, maitre e sommelier, elevato al ruolo di moderno ed eclettico oste. La cucina è assoluta finezza e sostanza con tre menù e una carta a prezzi concorrenziali. Lo spaghetto all’anguilla è radioso, il maialino e zenzero un piacere assoluto. La cantina è poi di nobile lignaggio e anche il carrello dei formaggi è uno puro spettacolo. Dal centro ci spostiamo in periferia, dove troviamo un locale altrettanto nuovo e, allo stesso modo, più che promettente. Si tratta di Abba, il cui chef patron Fabio Abbattista ha aperto in un ex pennellificio del Certosa District, di fianco alla stazione ferroviaria, un raffinato locale con pochi tavoli e una cucina a vista spettacolare. Si distingue per lo stile essenziale, puntuale, preciso, che fonde creatività contemporanea e radici pugliesi. Corpo e anima possono godere assaggiando gli intensi ravioli di testina e lardo di seppia, la succulenta bavetta di manzo o il magistrale soufflè alla nocciola affiancato da gelato al burro salato. Da applausi. Infine, un nome affatto nuovo, anzi già noto e affermato. Ma che inspiegabilmente non è inserito tra gli stellati del panorama milanese. È il DanielCanzian, ristorante dell’omonimo chef, da una decina di anni in zona Brera. Creato a immagine e somiglianza del cuoco e patron trevigiano, mischia leggiadria identità veneta a pragmatismo lombardo. Il risultato? Una proposta gentile ed elegante negli ambienti ed empatica e cortese nel servizio. La sua cucina è di una raffinatezza non scontata, la sua qualità non segue le mode, la creatività parte dall’incessante ricerca dei buoni prodotti di origine. Il palato si rallegra con le sue mezzelune ampezzane al baccalà, con lo sgombro in saor, con le sfere di seppia in guscio croccante o i cannoli di polenta con baccalà mantecato. Finita la cena da ognuna delle quattro perle della ristorazione, rimane forte e decisa la sensazione di benessere, di piacere, di estrema soddisfazione. Che accompagna con persistente naturalezza ben oltre la soglia, che separa questi deliziosi e golosi microcosmi dal resto del mondo.

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