Il sindaco di Milano, davanti allo sgombero del Leonka, ha protestato contro il governo: «Non mi ha avvisato». Ma ad agevolare lo storico blitz di ieri - oltre al declino culturale del centro sociale, “difeso” ieri soltanto da uno sparuto manipolo di sostenitori attempati- ha contribuito sicuramente il caos urbanistico che si è creato in città durante il suo secondo mandato.
Migliaia di famiglie hanno comprato casa e si ritrovano con i cantieri bloccati, alcuni progetti immobiliari sono stati bloccati sul nascere, l’assessore uscente all’Urbanistica è sotto inchiesta per corruzione e la Procura indaga su un presunto giro di favori, tangenti e irregolarità legato ai permessi per costruire in città. Con questi chiari di luna, è evidente che qualsiasi tentativo di “regolarizzare” l’occupazione con uno scambio di aree o con una sede in regalo non aveva più nessuna speranza. Assegnare un’immobile al Leonka senza bando a chi ha sequestrato per decenni un’immobile in città? Impossibile. Costruire un bando su misura per i kompagni? Impensabile. La sinistra peraltro governa il capoluogo lombardo ormai da 14 anni, e fa sorridere leggere il comunicato del segretario locale del Pd Alessandro Capelli: «Il futuro condiviso del Leoncavallo è una cosa che orgogliosamente il centrosinistra ha nel programma dal 2011». Ebbene, dal 2011 a oggi la sinistra non è riuscita a completare il papocchio. E molto difficilmente riuscirà a farlo adesso, con la giunta Sala che già a settembre rischia di andare a casa sulla vendita di San Siro.
Perfino Giuliano Pisapia, il sindaco della “rivoluzione arancione” da sempre vicino politicamente alla galassia del Leonka, si è fermato prima di approvare la permuta con l’ex scuola di via Zama: l’idea di dare ai Cabassi un’immobile e permettere al centro sociale di restare nella sede abusiva aveva fatto storcere il naso a un pezzo della sua maggioranza. Nel 2015 il decano dei consiglieri rossi, Basilio Rizzo, parlava di «grave precedente», contestando una proposta che- insieme ad altre frizioni- provocò le dimissioni dell’ex vicesindaco Ada Lucia De Cesaris. Nel primo mandato di Sala si parlava di regalare volumetrie in altre zone della città ai legittimi proprietari: idea naufragata. L’anno scorso il terzo tentativo, con l’ipotesi di una sede per i vecchi amici in zona Porto di Mare, estrema periferia. Poi il terremoto politico-giudiziario e lo sgombero. Eppure, in definitiva, una soluzione per il Leonka ci sarebbe: trovarsi uno spazio in città e pagare l’affitto come tutti i milanesi.