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L'affondo di Zingales su De Benedetti: "Altro che il Cav, e il conflitto d'interesse dell'Ingenere?"

di Benedetta Vitetta domenica 21 gennaio 2018

2' di lettura

"Per 25 anni ci siamo preoccupati del conflitto d'interessi di Silvio Berlusconi, ma sembra che anche quello che è stato il principale partito di opposizione per tanti anni non sia molto diverso: De Benedetti ha la tessera numero uno del Pd. La differenza è che Berlusconi possiede un partito, mentre l'Ingegnere lo influenza da fuori". Così l'economista, blogger e professore alla scuola di business dell'Università di Chicago, Luigi Zingales intervistato dal Fatto, sulla telefonata tra De Benedetti e il suo broker di fiducia e i 600mila euro guadagnati in Borsa grazie al decreto di riordino delle Popolari.   Per approfondire leggi anche: La vendetta dell'Ingegnere: cosa si compra dopo Repubblica Lei parla di influenze e condizionamenti sul governo, ma la Procura ha archiviato il procedimento per insider trading e ne ha aperto uno sulla fuga di notizie che ha portato la telefonata sui giornali. "Lascio ai giudici decidere" afferma l'economista, "però dal punto di vista dell'opportunità politica quanto accaduto è indecente e inconcepibile. Questa cosa è venuta fuori a una commissione d'inchiesta parlamentare, solo per un caso abbiamo potuto avere uno spiraglio su questi rapporti e De Benedetti ha detto chiaramente che consigliava e dirigeva le azioni di Renzi. Questo è molto grave".  Per approfondire leggi anche: "Cosa so su De Benedetti", un Sallusti atomico L'influenza reciproca si sarebbe estesa anche all'opinione pubblica oltreché alla sfera degli affari? "Altrimenti Renzi che cosa ne avrebbe avuto in cambio? De Benedetti dà segnali e indicazioni anche al gruppo editoriale che controlla, c'è un vantaggio dal punto di vista industriale che è anche una contaminazione del giornale che finisce per riflettere l'opinione del primo ministro. Se fossi un'azionista di Repubblica sarei molto seccato" conclude Zingales, "mina la fiducia dei lettori nel giornale. Gianni Agnelli si vantava di non aver mai guadagnato nulla con La Stampa e questo è terribile, vuol dire ammettere implicitamente che il vantaggio derivava solo dall'influenza che il giornale poteva avere sulla politica e sull'opinione pubblica. De Benedetti a differenza di Agnelli ci ha anche guadagnato". 

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