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Luca Palamara, Paolo Mieli: "Un mare di melma sommerge la magistratura. E Bonafede chiarisca su Di Matteo"

sabato 6 giugno 2020

2' di lettura

Paolo Mieli si occupa del “mare di melma” che sta sommergendo la giustizia, nel silenzio del governo presieduto da Giuseppe Conte, che è “distratto” dalla pioggia di miliardi che dovrebbe arrivare dall’Europa e dalla prospettiva degli Stati generali per la rinascita che ha creato tensioni all’interno della maggioranza. Nel suo editoriale sul Corriere della Sera, Mieli analizza le due vicende che hanno generato lo scandalo che sta travolgendo l’ordine giudiziario. Quella di Luca Palamara è ormai ben nota e sta facendo tremare il Csm, oltre ad aver richiesto l’intervento di Sergio Mattarella. A distanza di un anno, sono emerse nuove scottanti intercettazioni (racchiuse in circa 60mila pagine) che hanno scoperchiato tutta la vergogna del sistema delle correnti che comanda la magistratura e spartisce le posizioni di potere.

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Ma parecchie ombre sono rimaste anche sul caso scoperchiato da Nino Di Matteo, magistrato idolatrato a lungo dai 5 Stelle, almeno fino a quando questi non sono andati al governo, “dimenticandosi” completamente di lui. Tutti, tranne Alfonso Bonafede, che nel 2018 gli propose la guida del Dap, salvo poi rimangiarsi tutto nel giro di poche ore per essere venuto a conoscenza di presunte minacce dei boss mafiosi. Finora il ministro grillino non è stato in grado di trovare spiegazioni convincenti al cambiamento di idea su Di Matteo e deve ringraziare soltanto Matteo Renzi, che salvandolo dalla sfiducia ha fatto sì che di questa vicenda si parlasse sempre meno.

A far specie a Mieli è il repentino cambiamento del M5S nei confronti di Di Matteo: “Coloro i quali in passato ne avevano fatto oggetto di venerazione, in quel frangente lo avevano abbandonato al proprio destino e avevano difeso il ministro. Qualcuno aveva addirittura ironizzato suggerendo al giudice di guardare meno la tv. Tutti fecero finta di non capire”. Per Mieli a questo punto c’è solo un modo per un cambiamento virtuoso della giustizia italiana: “Si avrà solo quando un magistrato darà battaglia al sistema degenerato alle correnti. A testa alta, mentre è ancora in servizio. Mettendo nel conto che subirà l’ostracismo dei colleghi. Tutti. O quasi”. 

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