Ritratto

Renata Polverini, l'ennesima capriola sulla fiducia a Conte: la contorsionista della politica

Francesco Specchia

Renata Zero”. Così, era chiamata Renata Polverini alla Presidenza della Regione Lazio, dove s’era tenacemente insediata più per lo spettacoloso numero di presenze televisive a Ballarò che per quello degli iscritti all’Ugl, il suo sindacato. Renata Zero.

E il riferimento non era al cantante, alla capacità di saper poetare la vita dei fragili, su palchi diversi, con abiti politici pittoreschi da cambiare con disinvoltura; no, quello c’è, ma è venuto dopo. “Renata Zero” era in virtù, piuttosto, di un’attività lavorativa non da stakanovista in uno dei consigli regionali, allora, più fancazzisti del regno. Eppure, Renata, nel dare alla Camera il proprio voto (peraltro numericamente non indispensabile) al governo Conte e nell’abbandonare quella Forza Italia che tanto aveva penato per strapparla all’oblio; be’, ha mostrato ancora una volta un attivismo innaturale. Certo, si dirà, Renata, non è la prima né l’ultima a voltar gabbana. Solo in queste ore, al Senato spiccano altri due forzisti, Andrea Causin e soprattutto  Maria Rosaria Rossi che hanno votato la fiducia al governo a sostenere il premier. La Rossi detta “la badante” era stata, durante il “periodo Pascale”, il fiore del “cerchio magico” il trait d’union tra Berlusconi che l’aveva fortemente voluta al Senato, e il resto del mondo, la donna in grado di influenzare destino e umori di Forza Italia (ora i due sono “fuori dal partito”). Certo, la Rossi che si smarca è un duro colpo. Ma è la fenomenologia della Polverini, la sua capacità di passare dalla camicia nera alle culotte rosse, ad affascinare gli antropologi. La prima domanda, a caldo, sul suo tradimento è: perché l’ha fatto? E qui Dagospia innesca il gossip di una liaison col Pd Luca Lotti che le avrebbe aperto occhi e cuore, e da qui la definizione di donna “di Lotti e di governo”. Pronta la smentita, a cui segue l’acre sospetto della promessa di un ruolo da sottogoverno.

La seconda domanda, a freddo, sulla giravolta è: perché l’ha fatto solo ora? In fondo ha ragione Giorgia Meloni, quando afferma che quella di Renata è, semmai, una forma di coerenza, dato “non ha mai fatto una cosa di destra in 10 anni”. Polverini ha un’aria truce da indiano navajo della Garbatella, un ruvido approcciare alla politica e un’indole cazzara rivelata solo nel privato: nelle foto col braccio teso o nel leggendario Toga Party organizzato per festeggiare Carlo De Romanis, il suo vice presidente della Commissione Affari Comunitari e Internazionali, e infilato nelle note spesa dall’altrettanto leggendario Franco Fiorito. Ma proprio queste sue caratteristiche, unite a una sorta di sindrome del “fascio-comunista”, da dissidente di destra alla Pennacchi, le hanno attribuito una popolarità oltre ai reali meriti. Senza ripercorrerne la carriera, dalla segreteria dell’unico sindacato - sempre “di destra”-  con meno iscritti di un torneo di ramino alle ospitate da Giovanni Floris (30 in meno di due anni), fino alla Regione e al Parlamento, di Polverini emerge l’inclinazione ad usare la politica come un taxi. Nel periodo della sfida a baionette nel centrodestra lei si avvicina a Fini, ma nel contempo stringe alleanze con Berlusconi col quale s’era scontrata da sindacalista; e non disdegna frequentazioni a sinistra, tipo Veltroni. E questo la spinge ad un progetto politico tutto suo, con simbolo paraculissimo, un cerchio rosso pennellato di tricolore, e uno slogan “Con te”, che, oggi, letto tutt’attaccato, ne disvela il vero destino.

Di Polverini emerge tutt’uno stormir di slogan, tonanti impegni e  opinioni ma sfuggono, nel complesso, le opere. Quando parli di Renata, al limite, ti viene in mente altro. L’aver allargato i vitalizi da 3 mila euro agli assessori della sua giunta e l’aver stanziato oltre 1,3 milioni per costruire un nuovo, fondamentale aeroporto a Frosinone, per dire. Il documento copiato e incollato da uno studio dell’imprenditore della monnezza Manlio Cerroni che annullava il divieto di realizzare una discarica in zona vincolata da parte del Cerroni stesso. Lo scazzo con i parcheggiatori alla spiaggia di Capalbio, all’ombra di un “lei non sa chi sono io”. Le centinaia di assunzioni in Regione (molti Ugl), e le spese per della pubblicità con i soldi della comunicazione istituzionale, e l’aumento delle tasse, e i tagli sanità, scuola e trasporto locale. Per non tacer delle trasferte in tutt’Italia e mezzo mondo, un viaggio al mese circa tra New York e Parigi, Israele, o San Gregorio Armeno dove la presidentessa si recò per ritirare una statuina del presepe che la raffigurava. In fin dei conti, a parte Renata Zero, non si capisce, dal suo gesto “responsabile” chi ci abbia guadagnato davvero…