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Carlo Calenda, "lo ho visto su Netflix": quale processo vuole riaprire

di Giampiero De Chiara venerdì 4 novembre 2022

3' di lettura

«Ho visto su Netflix Italia il documentario su Emanuela Orlandi. Anche grazie al lavoro investigativo di Emiliano Fittipaldi è oramai chiaro che il Vaticano sa perfettamente cosa è accaduto a questa povera ragazza di 15 anni. È dovere dello Stato italiano pretendere la verità». A parlare e chiedere l'ennesima chiarezza su un caso giudiziario di oltre 40 anni fa è Carlo Calenda che non è un parente della povera Emanuela e neanche un legale della famiglia Orlandi, ma un leader politico. Sarebbe già inconsueto che per una vicenda del genere venga chiesto l'intervento, in questo caso della Farnesina, dopo una docu-serie. E rivolgersi al ministero degli Esteri per chiedere di premere su uno Stato straniero per una vicenda ancora aperta giuridicamente, non sembra corretto istituzionalmente.

QUESTIONE ANOMALA
Se poi a chiederlo è un senatore come Calenda, la questione risulta ancora più anomala. Ma non perché la tv o il cinema non possano essere di aiuto alla chiarezza anche giudiziaria, ma perché al di là di come la si pensi il senatore Calenda ha scelto un colpevole in base ad una storia televisiva che è comunque a tesi e non invece dopo una sentenza giudiziaria. È chiaro e anche lampante che nel caso Orlandi lo Stato della Santa sede sia coinvolta, con tutti i sandali episcopali, nell'intrigo che lega servizi segreti deviati, criminalità organizzata e le segrete stanze del potere ecclesiastico. Ma che Calenda si svegli e chieda un'azione diplomatica per aver visto un programma in tv, sembra fuori luogo. «Il grado di protervia e arroganza delle gerarchie vaticane anche davanti a prove documentali che attestano il coinvolgimento della Santa sede è inaccettabile. Siamo uno stato laico non una comunità di vassalli della chiesa». Una dichiarazione un po' tronfia, che sa di vecchia politica. E che evidenzia, da un lato i ritardi della magistratura italiana, ma anche la scarsa capacità istituzionale di alcuni politici italiani. Si dovrebbero leggere le carte, seguire e studiare i processi per informarsi e prendere posizione. Ma accodarsi ad una docu-fiction di un caso dalle mille piste irrisolte, con depistaggi e colpi di scena, scoperta grazie comunque all'ottimo lavoro che il fratello di Emanuela, Pietro, e Andrea Purgatori raccontano nelle quattro puntate disponibili su Netflix, sembra solo un atto di presenza che non aiuta certo a diradare la nebbia che avvolge ancora questa misteriosa vicenda.

MESSO AI MARGINI
Vatican Girl. La scomparsa di Emanuela Orlandi è la docu-serie in questione che ha agitato Carlo Calenda. È scritta e diretta da Mark Lewis (vincitore di un Emmy per altri due documentari) e dura una ora a puntata. La 15enne Orlandi scomparve il 22 giugno del 1983, lasciando dietro di sé indagini, misteri e ricerche che dopo quasi quarant' anni non hanno ancora trovato una risposta. Ombre che continuano ad aleggiare ancora sul caso. Proprio ieri infatti è stato trovato morto Giulio Gangi, 63 anni, ex agente del Sisde che nel 1983 partecipò alle prime indagini. Tra pochi giorni l'ex 007 avrebbe dovuto rilasciare un'intervista al Corriere della Sera proprio sul caso Orlandi a causa del quale, una decina d'anni dopo il fatto, fu messo ai margini del Sisde. Forse Carlo Calenda potrà ora anche chiedere lumi su questa vicenda al nostro servizio di sicurezza interno (oggi Aisi).

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