Occhio a cosa dice

Patrick Zaki, giù la maschera: come prepara la campagna elettorale

Daniele Dell'Orco

La seconda vita di Patrick Zaki è appena iniziata. Dopo il suo rientro il Italia l'attivista egiziano, che domenica sarà protagonista di una grande festa in suo onore organizzata a Bologna dal sindaco Pd Matteo Lepore, Zaki può guardare al futuro conscio di avere a disposizione non solo la libertà ma anche un bagaglio di notorietà che non è il caso di sperperare. Si sposerà con la sua compagna Reny il 9 settembre in Egitto (dove dice di non temere un nuovo arresto, forte della grazia concessa dal presidente Al-Sisi che ha annullato la condanna a tre anni per «propaganda sovversiva»). Poi, riprenderà da dove aveva iniziato ma con una dimensione del tutto diversa.
Dopo i primi ventidue mesi passati in carcere in Egitto, Zaki era stato fatto uscire in attesa della sentenza. E durante questa finestra di libertà provvisoria era riuscito a conseguire (in collegamento video) il diploma di master in Studi sulla parità di genere all’Università di Bologna.

Di diritti, ora, continuerà ad occuparsi. Chissà magari entrando in politica. Sebbene nessuno glielo abbia ancora proposto ufficialmente. «Ho ancora molto da imparare e fare. E se anche arrivasse una richiesta per un ruolo politico la utilizzerei sempre per la causa dei diritti umani», ha spiegato Zaki al Corriere della Sera.
«Anche tutta questa visibilità: voglio che diventi uno strumento, la voglio usare per difendere chi non ha voce né volto», ha aggiunto.
A dirla tutta, non si sa quanto volontariamente, ma un soggetto politico lo è già diventato. Scegliendo di privilegiare «l’indipendenza» ed evitando nel suo rientro in Italia di stringere la mano agli esponenti del governo Meloni (e fino ad ora anche allo stesso premier) che sono stati decisivi per la sua liberazione ha consumato un atto politico in piena regola, dettato dal suo orientamento ideologico.

 

DA CHE PARTE STAI? Da Roma e dai palazzi del potere dice di non aver ricevuto alcun invito, quindi «non c’è in programma nessuna tappa del genere» nella sua permanenza in Italia. Be’, di certo ora non si può pretendere che siano le istituzioni ad inseguirlo, ma sulla polemica circa il volo di Stato rifiutato ha detto: «Per me è chiusa. Ho ringraziato più volte il governo italiano, com’era giusto». A scanso di equivoci, però, non vuole «che qualcuno un giorno possa dirmi: tu sei stato da questa o da quest’altra parte». Tradotto: non vorrei che una futura, e molto più che ipotetica, campagna elettorale (di certo non con uno schieramento di destra) possa essere compromessa dalle foto insieme alla Meloni. Ieri il premier è tornato a spendersi sulla questione non solo legata a Zaki ma soprattutto ai rapporti tra Italia ed Egitto che hanno permesso la sua scarcerazione nonostante un gigantesco elefante nella stanza: il caso Regeni. «Noi non ci relazioniamo con un paese africano con un atteggiamento di superiorità, che poi è quello che viene rimproverato all’Occidente. Noi ci relazioniamo da pari a pari», ha detto Giorgia Meloni. «Pur nelle enormi differenze che esistono ci relazioniamo con rispetto. Questo nuovo approccio ha portato al gesto di apertura dell’Egitto nei confronti dell’Italia con la grazia concessa a Zaki. Ovviamente non c’è nessun baratto perché con lo stesso spirito cercheremo verità e giustizia per Giulio Regeni».