Tutti spiazzati dal pontificato di Papa Francesco. Non rispondeva mai come un Vicario di Cristo ritagliato su misura per l’interlocutore. Il quale rimaneva con un bel problema da risolvere. Quel che il Santo Padre diceva in privato resterà come magistero infallibile della Chiesa cattolica? E le affermazioni a caldo durante le interviste, contenevano o no pronunciamenti ex cathedra? Senza contare le conferenze stampa durante i voli di ritorno dai viaggi apostolici.
Invece di relegarle, come hanno fatto i critici del Papa, al rango di parole in libertà, effetto magari dell’aria pressurizzata dei velivoli, Massimo Borghesi nel suo Jorge Mario Bergoglio. Una biografia intellettuale, ne proponeva la più convincente chiave di lettura della “priorità della misericordia”, ma in un contesto teologico ben più ampio. La prima a gettare sconcerto, considerando la prudenza del predecessore Benedetto XVI, è la famosa frase del 2013 sull’aereo che lo riporta a Roma dalla GMG di Rio de Janeiro: «Se una persona è gay e cerca il Signore con buona volontà, chi sono io per giudicare? Il Catechismo della Chiesa cattolica spiega in modo tanto bello questo, ma dice: “Non si devono emarginare queste persone per questo, devono essere integrate in società”». Della tensione soprannaturale attribuita alla persona omosessuale non era rimasta traccia nei resoconti successivi, tanta era la gioia di poter riferire di una “svolta storica”. Che non fu mai tale, nonostante il giubilo di associazioni lgbtqi+ che speravano in un riconoscimento ecclesiale per socializzare il vizio.
In realtà, l’intenzione del Papa era venire in soccorso di quella che, con uno dei suoi tanti neologismi, chiamava “orfanezza”, l’abbandono subìto, i conflitti con il padre e l’incapacità di identificarsi con le figure maschili di riferimento. Occorrono Dio padre (col volto umano di Gesù) e la Chiesa madre per ripristinare quel rapporto interrotto. Sei anni dopo, sarebbe arrivata una doccia fredda: il consiglio di iniziare una terapia riparativa per curare le ferite della vita affettiva. Poi, nel corso di un’intervista alla decana dei vaticanisti Valentina Alazraki per la tv messicana Televisa,
Sua Santità precisava: «Quando si vede qualche segno nei ragazzi che stanno crescendo bisogna mandarli, avrei dovuto dire da un professionista, e invece mi è uscito psichiatra. Titolo di quel giornale: “Il Papa manda gli omosessuali dallo psichiatra”. Non è vero! Mi hanno fatto un’altra volta la stessa domanda e ho ripetuto: sono figli di Dio, hanno diritto a una famiglia, e basta. E ho spiegato: mi sono sbagliato a usare quella parola, ma volevo dire questo. Quando notate qualcosa di strano, no, non di strano, qualcosa che è fuori dal comune, non prendete quella parolina per annullare il contesto. Quello che dice è: ha diritto a una famiglia. E questo non vuol dire approvare gli atti omosessuali, tutt’altro».
Dunque, nessuna incoerenza, ma piena adesione a quanto afferma la morale cattolica, sintetizzata dal Catechismo del 1992, che indica alle «persone omosessuali» la chiamata «alla castità», e anche alle disposizioni del predecessore, che aveva chiuso loro, per non abbandonarli alla tentazione, la porta dei seminari. Tanto che nel maggio 2024, il Santo Padre se ne esce con un’espressione che denuncia la «troppa frociaggine» fra gli aspiranti al sacerdozio. E tutto anche in perfetta continuità con quanto aveva messo nero su bianco nel 2010, da cardinale di Buenos Aires, scrivendo al direttore del dipartimento dei Laici della Conferenza Episcopale Argentina, Justo Carbajales: «Non possiamo insegnare alle future generazioni che è la stessa cosa prepararsi a un progetto di famiglia assumendo l’impegno di una relazione stabile fra uomo e donna e convivere con una persona dello stesso sesso. Stiamo attenti a che, cercando di mettere davanti un preteso diritto degli adulti che lo nasconde, non ci capiti di lasciare da parte il diritto prioritario dei bambini - gli unici che devono essere privilegiati a fruire di modelli di padre e madre, ad avere un papà e una mamma».
Di fronte ad alcune obiezioni sollevate da cinque cardinali conservatori sulla Fiducia Supplicans, nel 2023, era stata diffusa una nota della Congregazione della Dottrina della Fede per escludere la possibilità di benedire le coppie dello stesso sesso, perché il matrimonio è «un’unione esclusiva, stabile e indissolubile» tra un uomo e una donna. E la Chiesa «evita qualsiasi tipo di rito o sacramentale che possa contraddire questa convinzione e far intendere che si riconosca come matrimonio qualcosa che non lo è». Un conflitto culturale e anche politico, nel quale Francesco si era schierato in modo netto, nel volume San Giovanni Paolo Magno, che raccoglie una serie di colloqui con don Luigi Maria Epicoco, denunciando la strategia di «distruggere alla radice quel progetto creaturale che Dio ha voluto per ciascuno di noi: la diversità, la distinzione. Far diventare tutto omogeneo, neutrale. È l’attacco alla differenza, alla creatività di Dio, all’uomo e la donna.
Se io dico in maniera chiara questa cosa, non è per discriminare qualcuno, ma semplicemente per mettere in guardia tutti dalla tentazione di cadere in quello che è stato il progetto folle degli abitanti di Babele: annullare le diversità per cercare in questo annullamento un’unica lingua, un’unica forma, un unico popolo. Questa apparente uniformità li ha portati all’autodistruzione perché è un progetto ideologico che non tiene conto della realtà, della vera diversità delle persone, dell’unicità di ognuno, della differenza di ognuno». E metteva in guardia i governi e le istituzioni dal pericolo dell’utopia: «Nel Gender si vede come un’idea vuole imporsi sulla realtà e questo in maniera subdola. Vuole minare alle basi l’umanità in tutti gli ambiti e in tutte le declinazioni educative possibili, e sta diventando un’imposizione culturale che più che nascere dal basso è imposta dall’alto da alcuni Stati stessi come unica strada culturale possibile a cui adeguarsi». La verità, per san Tommaso d’Aquino, consiste nell’adeguamento dell’intelletto alla realtà. Il resto provoca solo tragedie. Francesco ci ha avvertito per 12 anni.