L’ordine è imperativo, come se lo pronunciasse dal balcone di piazza Venezia: «Togliete il nome di mio padre dal teatro di Gallarate». Mancava la nuova esibizione di Alessandro Gassmann, a cui stavolta non è servito un palcoscenico oppure una macchina da presa. Gli è bastato stralunare gli occhi per una manifestazione anti-immigrazione nella struttura intitolata al suo genitore per rimettere i panni dell’estremista di colore rosso. «Togliete il nome di mio padre del Teatro Condominio». Alessandro Gasmann è stato categorico nel suo messaggio al sindaco di Gallarate (Varese) Andrea Cassani (Lega) due giorni dopo il Remigration Summit, la riunione che aveva l’obiettivo di indicare la strada per evitare «la “sostituzione etnica in Europa”», che si è svolta proprio sabato scorso nella città lombarda.
Un’uscita davvero strabiliante quella di togliere la dedica di un teatro per una manifestazione politica. E si è beccato la replica del sindaco: Vittorio Gassmann, «uomo di cultura eclettico, non ebbe mai paura di esternare la propria appartenenza politica» e «come tutte le persone di valore, che hanno fatto la storia del nostro Paese, probabilmente non avrebbe combattuto con la censura aprioristica le idee altrui ma con la forza di idee più convincenti». La risposta di Cassani ad Alessandro Gassmann è assolutamente rispettosa e non certo nel suo stile capriccioso.
«Gallarate è da sempre una città democratica con una grande attenzione per la cultura. Possiamo vantarci di avere quattro teatri, due musei e siamo tra le poche città non capoluogo ad avere un conservatorio musicale investiamo tanto, da molti anni, sulla cultura e uno dei luoghi della cultura più belli della città porta il nome di suo padre. Questo è un omaggio di Gallarate a un grande uomo e un grande artista». E aggiunge con grande serenità: «Il fatto che una associazione culturale di ragazzi di destra abbia organizzato un summit, pagando la sala- scrive Cassani - non mi sembra un affronto alla figura del grande Vittorio Gassmann».
Citando poi le parole del ministro dell'Interno Piantedosi, il sindaco scrive: «In democrazia c'è bisogno di tutti i contributi e di tutte le componenti rispetto a fenomeni così complessi». E «non bisogna avere paura di nulla, anche di idee che possano apparire molto forti e molto controverse». Ciò detto, conclude il sindaco, «questo episodio ci fornirà sicuramente lo spunto per rivedere quelle che potranno essere le regole per affittare le sale pubbliche tra cui quelle del Teatro Condominio “Vittorio Gassmann”». Quindi, la “story” termina con un invito a Gassmann: «La aspettiamo nella nostra Gallarate».
Ma è l’iniziativa scomposta di Alessandro Gassmann a lasciare più di qualche dubbio, come se la libertà di espressione possa essere inibita a chi non ha idee come le sue. Se sei di sinistra puoi dire quello che vuoi. Se non lo sei devi stare zitto. È un teorema davvero curioso nella sostanza, che non può essere considerato accettabile in una democrazia. La stessa “remigration” non può essere considerata una specie di crimine di cui non poter nemmeno parlare.
Può essere considerata una scelta dura o controversa, ma non si capisce perché bandirla come una proposta illegittima. E chi stabilisce il confine, Alessandro Gassmann? Parlare di “ritorno assistito” o “preferenza nazionale” può essere criticato da chi preferisce spalancare le frontiere, ma non è automaticamente razzismo né totalitarismo. È semplicemente la pretesa di delegittimare l’avversario politico. Così come è senza senso la richiesta di togliere la dedica del teatro ad un grande attore italiano. È uno spazio pubblico su cui decide l’amministrazione comunale e non un attore facile a scaldarsi. Il monopolio della cultura non può esistere, né tantomeno appartenere alla sinistra. Ognuno stia al suo posto.