Non c’è bisogno delle eresie di monsignor Carlo Maria Viganò, già nunzio apostolico negli Stati Uniti d’America, per sperare che Blase J. Cupich, arcivescovo di Chicago, classe 1949, entri in conclave da Papa per uscirne qual è: cardinale. Viganò è un arcinemico del cardinal Cupich (e di altri), ma è stato scomunicato nel 2024 dal Dicastero per la dottrina della fede nientemeno che per «il delitto [...] di scisma». Quindi in materia di dottrina, magistero e papato non fanno testo i suoi complottismi, peraltro confutati dalla Segreteria di Stato vaticana in un rapporto di quasi 500 pagine datato 10 novembre 2020 e disponibile sul sito della Santa Sede.
In oggetto c’era anche il favore, vero o presunto, dell’ex cardinale e arcivescovo statunitense Theodore E. McCarrick (1930-2025) verso il cardinal Cupich e da questi davvero ricambiato o no: ex, McCarrick, perché McCarrick si è dimesso nel 2018, è stato poi sospeso a divinis e quindi ridotto allo stato laicale nel 2019 in quanto colpevole di reiterati atti di pedofilia. Ora, non è che per questo si debba gettare addosso a Cupich croci che non sono sue, ma il web straripa di documentazione e confusione sul tema. Certo, con una istruttoria così non si condannerebbe nemmeno un reo colto in flagrante, ma anche solo un briciolo di questo bailamme basta a fare del card. Cupich un candidato inopportuno per la Cattedra di Pietro.
Del resto la condiscendenza del porporato verso l’attivismo Lgbt (non l’attenzione alle persone omosessuali, che è cosa diversa e doverosa) e la sua posizione sull’aborto lo rendono altrettanto inadatto al Soglio pontificio. Infatti, per la Chiesa Cattolica la difesa della vita umana nascente è un principio non negoziabile, mentre Cupich negozia. Nel 2004 gli Stati Uniti votarono per il presidente (vinse George W. Bush alla grande). L’allora prefetto cardinal Joseph Ratzinger (poi Papa con il nome di Benedetto XVI) della Congregazione (oggi Dicastero) per la dottrina della fede scrisse una lettera ai vescovi Usa (riservata come lo sono tutti i documenti di cui la stampa dispone subito) per consigliare calorosamente ai presuli di negare la Comunione agli esponenti politici cattolici che ostentassero posizioni filoabortiste. Il cardinal Cupich rifiutò di sostenere la richiesta.
Sul tema il porporato di Chicago scrisse poi cose vere ma anche una frase atroce in un articolo pubblicato l’11 settembre 2006 sul mensile America dei gesuiti d’Oltreoceano: «Va riconosciuto che sia la questione dell’aborto sia le restrizioni di legge a esso sono inevitabilmente questioni morali informate da valori morali». Detta da chicchessia la frase ha un senso, anche perché vi si può contrapporre il suo contrario, ma in bocca a un cardinale di Santa Romana Chiesa già non esattamente percepito come un bastione del magistero cattolico di sempre odora di scandalo. Nel 2022 alla Marcia per la vita di Chicago, il maggiore evento pro-life del Midwest, Cupich venne infatti sonoramente fischiato dalla folla.
Poi c’è l’esortazione apostolica Amoris laetitia, promulgata da Papa Francesco nel 2016. Contiene passi molto criticati. Gli esegeti conservatori perbene e onestamente innamorati della Chiesa hanno spiegato quei passi alla luce del magistero di sempre, dissipando i dubbi. Cupich ha invece voluto andare oltre, proponendone una lettura incentrata su un concetto di famiglia troppo allargato per il quale qualcuno ha persino scomodato paragoni con l’eresia modernista. Decisamente troppo per un aspirante Papa.