Con l’extra omnes pronunciato dal maestro delle celebrazioni liturgiche pontificie, monsignor Diego Ravelli, prende il via il conclave per eleggere il 267° successore di Pietro. Tutti gli astanti lasciano la cappella Sistina, all’interno della quale restano solo i cardinali elettori, lo stesso maestro e l’ecclesiastico incaricato di tenere l'ultima meditazione prima delle votazioni, il cardinale Raniero Cantalamessa. Ora tutto si gioca in quello spazio di bellezza sublime, intanto però si continua a discutere – non solo e non tanto – sul nome, ma sui tratti distintivi del futuro Pontefice, così come si è sentito risuonare anche negli ultimi appelli, omelie, interventi. Si è invocata tante volte l’importanza dell’eredità di Francesco, soprattutto da parte dell’ala «progressista», eredità che non deve essere dispersa, che deve comunicare il desiderio di continuità: il nuovo Pontefice sia «padre», «amato dalla gente», capace di far sentire la sua vicinanza a tutti, com’è stato Francesco.
IL PROFILO
Nella congregazione di lunedì scorso si è tracciato il profilo di quello che sarà il prossimo Papa, «una figura che deve essere presente, vicina, capace di fare da ponte e guida, di favorire l’accesso alla comunione a un’umanità disorientata e segnata dalla crisi dell’ordine mondiale» e «un pastore vicino alla vita concreta delle persone», ribadendo che sulla rivoluzione imposta da Bergoglio in tanti settori ecclesiali «non si può tornare indietro». Si tratta quasi dell’identikit di un leader spirituale, che tenga conto delle aspirazioni e degli orientamenti popolari, o politici, o comunitari. Come dimostra la lettera-appello inviata ai cardinali dalla Rete sinodale italiana, un network di circa una trentina tra movimenti, gruppi, giornali, associazioni e realtà ecclesiali di base, da Donne per la Chiesa ad Adista, da Pax Christi a Noi siamo Chiesa, per citare le più conosciute. «Con spirito sinodale», scrivono, «vi chiediamo di scegliere il nuovo vescovo di Roma secondo questo discernimento: prosegua con decisione sulla strada aperta da papa Francesco verso una Chiesa sempre più sinodale», la forma adeguata a una Chiesa davvero mondiale «unita nella diversità». Ben diversa l’idea di quel che debba on debba essere l’uomo che salirà al soglio pontificio è quella espressa il cardinale tedesco Gerhard Ludwig Müller, uno dei più critici nei confronti delle politiche di Francesco. Il futuro Papa – ha spiegato Muller a La Repubblica- non è un successore del suo predecessore ma un successore di Pietro. Si è chiuso un capitolo nella storia della Chiesa. Chiaramente l’ultimo giudizio tocca a Dio, non possiamo giudicare le persone. Se parliamo del pontificato, invece, ci sono diverse opinioni». «È unanime – ha proseguito - l’apprezzamento per l’impegno di Francesco con i migranti, i poveri e per superare le divisioni tra il centro e la periferia. Dall’altra parte, però, in alcuni momenti è stato un po’ ambiguo. Muller cita tre cose in particolari: le benedizioni delle coppie gay, il ruolo delle donne nella Chiesa e il dialogo con l'Islam. Il documento approvato sotto Francesco - dice Muller sulle coppie gay voleva aiutare pastoralmente queste persone ma non si deve relativizzare la dottrina cattolica del matrimonio». Ha poi criticato l’idea di trasformare la Chiesa in una democrazia, chiarendo che «la premessa sbagliata è confondere la Chiesa con un’organizzazione politica, come il World economic forum o l’Onu». Sul dialogo interreligioso, ha richiamato san Tommaso d’Aquino affermando che «dialogo sì ma evitare ogni forma di relativismo», mentre ha condannato duramente l’ingerenza cinese, dichiarando: «Non possiamo accettare che i comunisti nominino i vescovi».
UMANITÀ
Una via da seguire è stata comunque indicata con chiarezza nell’omelia del Decano del Collegio cardinalizio, Giovanni Battista Re che ha presieduto nella basilica di San Pietro la Messa “Pro eligendo Romano Pontifice”, e celebrata insieme a 220 porporati giunti da tutto il mondo. «Lasciar cadere ogni considerazione personale» e «avere nella mente e nel cuore solo il Dio di Gesù Cristo e il bene della Chiesa e dell’umanità»: questo l’invito rivolto dal cardinale Re. Altrettanto forte è il richiamo a «mantenere l’unità della Chiesa nel solco tracciato da Cristo agli Apostoli», un’unità che è voluta «da Cristo; un’unità che non significa uniformità, ma salda e profonda comunione nelle diversità, purché si rimanga sempre nella piena fedeltà al Vangelo».