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Anelli, che spasso i libretti del giurista principe dell'opera

Anelli ebbe una certa notorietà che immaginiamo possa aver gradito, ben presto però criticata dall’apparato burocratico incombente che non gli perdonò la “frivolezza”
di Sergio De Benedetti martedì 17 giugno 2025

2' di lettura

Angelo Anelli nacque a Desenzano del Garda (Brescia) l’1 novembre 1761. Laureato in legge a Verona nel 1795, durante la Repubblica Cisalpina (1797/1815) fu docente di Eloquenza Pratica Legale nelle Regie Scuole Speciali di Milano dopo aver vinto un concorso nel 1802 del quale erano partecipi anche Ugo Foscolo e Vincenzo Monti, attirandosi le critiche di entrambi che peraltro lo lasciarono del tutto indifferente. Nel 1809 diresse con Francesco Saverio Salfi e Giandomenico Romagnosi la Scuola di Alta Legislazione istituita a Milano dai Francesi. Con la soppressione della Cattedra dopo la caduta dell’Impero napoleonico, Anelli si sposta presso l’Università di Pavia riuscendo ad ottenere a fatica la supplenza della Cattedra di Procedura Penale e Notarile fino al 1820. Muore solo ed in difficoltà economiche il 9 aprile dello stesso anno.

A fianco della notevole attività di giurista tale da far pensare ad un personaggio molto erudito, Angelo dal 1799 al 1817 intraprese anche l’attività di librettista del Teatro alla Scala, specializzandosi nientemeno che nel genere buffo, all’epoca molto in voga, ed usando spesso pseudonimi sconcertanti e futili. Va detto subito che da questa attività non ottenne grandi benefici economici ma gli consentì una vita spassosa in barba all’attività forense. Un certo successo l’ottenne con “Il Sarto Declamatore” nel 1802, con musica di Ferdinando Paër, e con “I Belli Usi di Città” del musicista Giovanni Pacini nel 1815.

Dopo la sua morte poi, Gaetano Donizetti riprese un suo libretto nel 1843 per l’opera “Don Pasquale”, in precedenza usato nel 1810 da Stefano Pavesi nell’opera “Ser Marcantonio”. Ma il vero grande trionfo avvenne il 22 maggio 1813 a Venezia presso il Teatro San Benedetto dove Gioacchino Rossini propose la prima del dramma giocoso “L’Italiana in Algeri”. Accompagnata da un esaltante preludio, l’Opera incontrò un immediato successo di pubblico e di critica e già nell’agosto dello stesso anno il “Corriere Milanese” esaltava il graffiante sarcasmo della composizione ad esclusivo merito di Anelli. Accadde inoltre che con l’inizio dei primi Moti Risorgimentali del 1821, la critica intravedesse nell’Opera interessanti motivi per contrastare il costituito ordine pubblico, determinando l’interesse e la conseguente maggiore programmazione della composizione. Da tutto questo, Anelli ebbe una certa notorietà che immaginiamo possa aver gradito, ben presto però criticata dall’apparato burocratico incombente che non gli perdonò la “frivolezza”.

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