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Stefano Massini, rivolta per i fondi al suo teatro: la sinistra trova un nuovo martire

Ecco il personaggio che si avvia a sostituire sul piedistallo dei martiri immaginari lo scrittore Antonio Scurati
di Annalisa Terranova sabato 21 giugno 2025

3' di lettura

Mancava da un po’, in effetti, una nuova vittima del “bullismo” autoritario del governo Meloni da santificare e da mostrare come icona della cultura oltraggiata dalla destra. Il personaggio che si avvia a sostituire sul piedistallo dei martiri immaginari lo scrittore Antonio Scurati è il drammaturgo Stefano Massini che lamenta l’annunciato declassamento del teatro di cui è direttore, La Pergola di Firenze, secondo quanto stabilito da apposita commissione del Mic. Massini non difende solo l’onorabilità del teatro ma soprattutto i finanziamenti che, se il declassamento avesse luogo, si ridurrebbero del 20%. Massini si ribella: «Tanto più – dice – che molti degli artisti sono gli stessi dell’anno scorso, quindi perché la stessa commissione a distanza di un anno decide per 20 punti di meno?». L’attore è sicuro che vogliono colpire lui, una sorta di simbolo della resistenza a un esecutivo fascistoide.

La sinistra è in subbuglio: la Cgil si indigna, Piero Pelù scende in campo, Concita De Gregorio verga articoli ridondanti, Fratoianni si appella a Giuli: «Non si renda ridicolo». La sindaca di Firenze denuncia: la destra vuole colpire la città, anzi l’intera Toscana (meglio abbondare). Dietro tutto questo però c’è la valutazione di una commissione di sette membri che a maggioranza ha stabilito il punteggio da dare alla programmazione del teatro. Tre commissari si sono dimessi per non essere “complici” di una decisione che non condividevano. Ma chi sono i tre dimissionari che hanno dato il là a tutta la polemica? Su di loro fa chiarezza il senatore di FdI Paolo Marcheschi: «Non era mai accaduto che tre membri della Commissione nazionale di valutazione del ministero si dimettessero per aver perso una votazione» e che «una volta usciti dalla Commissione diffondessero la notizia alla stampa per attaccare il governo.

Poi si scopre che due dei tre “sconfitti dalla democrazia dei voti” erano consiglieri regionali e assessori del Pd. E allora tutto torna. I tecnici nominati da anni dal Pd nelle varie Commissioni valutative dei Ministero, sono stati gli strumenti attraverso cui garantire un’egemonia culturale nel Paese». «Il sistema-Pd della cultura ha generato decenni di posti pubblici – conclude – distribuiti agli amici, tutto a carico di Pantalone». Lo stesso ministro Giuli, chiamato in causa, sottolinea che «non esiste nessun attacco politico, esiste una valutazione tecnica che riguarda il Teatro La Pergola; io ho molto rispetto per le valutazioni tecniche, perfino tra i dimissionari di quella commissione c’è chi ha riconosciuto che i requisiti del Teatro in questo momento sono estremamente critici per mantenere una caratura nazionale. Le valutazioni tecniche vanno rispettate, ovviamente bisogna misurare passo passo tutto ciò che riguarda un Teatro che comunque è importante per la città di Firenze e non è mai caduto dal cuore del Ministero della Cultura, ma i giudizi tecnici vanno rispettati».

Ora appare evidente un semplice particolare: quando tocchi i finanziamenti pubblici (cinema, teatro, editoria) c’è sempre una geremiade in agguato, una lamentazione collettiva, un fremito di indignazione che va dalla Cgil all’Anpi e passa per le firme mainstream, con le opposizioni sul piede di guerra. Segui i soldi, a chi andavano e a chi non vanno più, e comprendi bene quale sia la cultura sotto attacco cui la sinistra tiene tanto. Quella fatta da loro, ma con i soldi nostri.

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