Mancano solo tre giorni al voto sull’immunità di Ilaria Salis e uno dei suoi peggiori alleati rischia di essere proprio suo padre. Ad incendiare un clima già caldissimo attorno al caso dell’esponente di Avs - rimasta in carcere a Budapest dal febbraio 2023 al maggio 2024 - è stato il portavoce del presidente magiaro Viktor Orbán. Su X, Zoltan Kovacs ha condiviso il post in cui l’europarlamentare ha commentato l’imminente voto sulla sua immunità, corredandolo con le coordinate geografiche di un carcere di massima sicurezza in Ungheria. Se Ilaria, intelligentemente, ha preferito far replicare ai suoi avvocati, non è stato altrettanto lungimirante il padre Roberto Salis. Via social, ha infatti risposto al portavoce di Orbán con le coordinate geografiche di piazzale Loreto a Milano, dove venne ucciso Benito Mussolini. Non proprio la strategia migliore per abbassare la tensione con il governo ungherese.
Che tra Salis e l’Ungheria non corra buon sangue è cosa nota dato che l’europarlamentare rossa non ha mai risparmiato attacchi al Paese che l’aveva incarcerata. E, di riflesso, anche Orbán e gli esponenti del suo governo non le hanno mai fatto sconti. Nei giorni scorsi poi è arrivato l’annuncio del governo ungherese di voler designare il gruppo di sinistra Antifa come organizzazione terroristica. Una scelta che replica quanto stabilito dal presidente degli Stati Uniti Donald Trump. Non essendo un mistero la vicinanza dell’europarlamentare italiana ai gruppi militanti di estrema sinistra, fra cui proprio Antifa, Orbán non ha mancato di citare il suo caso per sponsorizzare la misura: «Antifa è un’organizzazione terroristica, sono venuti anche da noi, hanno picchiato persone innocenti per strada, ne hanno picchiati a morte alcuni, poi sono andati a Bruxelles per diventare rappresentanti del Parlamento europeo e da lì stanno dando lezioni all’Ungheria sullo stato di diritto».
Un’invettiva a cui hanno replicato i legali di casa Salis: «Ieri il suo portavoce ha postato le coordinate di un carcere di massima sicurezza. Adesso Orbán se ne viene fuori con una fantasiosa definizione di terrorismo che coincide con l’antifascismo da applicare retroattivamente al caso Salis. Veramente c’è ancora qualcuno che pensa che ci siano le condizioni per un processo equo contro Ilaria Salis a Budapest?», hanno scritto gli avvocati Eugenio Losco e Mauro Straini.
Anche il ministro degli Esteri Antonio Tajani - a lungo impegnato nella risoluzione del caso internazionale scoppiato in seguito alla carcerazione della donna - ha voluto commentare le frasi di Orbán. Il titolare della Farnesina ha messo in chiaro come, pur non commentando «quello che fanno altri Stati su organizzazioni politiche», a lui e all’Italia non risulta «che Ilaria Salis sia una terrorista». Insomma, accuse rispedite al mittente. Nel corso di un’intervista a Repubblica poi, Ilaria Salis non ha perso occasione per cavalcare le polemiche. In caso di revoca dell’immunità, ha definito quello che l’attenderebbe «un processo farsa, con una sentenza già scritta, svolto in assenza di garanzie democratiche, caratterizzato dalla violazione sistematica della presunzione di innocenza da parte di esponenti governativi. Un processo in cui è impossibile difendersi e nel quale rischierei fino a 24 anni di carcere».
Il suo caso sarà analizzato il 23 settembre dalla commissione Affari legali del Parlamento europeo; se il voto sarà favorevole alla revoca chiesta dall’Ungheria, il Parlamento Ue sarà chiamato a esprimersi il prossimo 7 ottobre. «Sono giorni difficili. Ho fiducia nei miei colleghi chiamati al voto sull’immunità, ma sì, sono preoccupata. Lo scenario che potrebbe aprirsi è terrificante», ha detto Salis a Rep.
L’eurodeputata, eletta alle europee con Alleanza Verdi Sinistra, era stata arrestata nel febbraio 2023. Arrivata in Ungheria per partecipare alla manifestazione promossa dai gruppi Antifa contro il raduno dell’estrema destra magiara, era stata arrestata con l’accusa di aver preso parte al feroce pestaggio di alcuni uomini presenti a Budapest per le celebrazioni del Giorno dell’Onore. Da allora, la donna è stata trattenuta in carcere per oltre un anno con due capi d’accusa: da un lato la partecipazione a un’organizzazione politica criminale e dall’altro l’assalto e le percosse a tre uomini (all’inizio si era addirittura parlato di tentato omicidio).
La svolta era arrivata con l’elezione al Parlamento Ue che le aveva garantito l’immunità, sottraendola alla giustizia di Budapest. Ora, però, dopo la richiesta di revoca dell’Ungheria, saranno i suoi colleghi europarlamentari a decidere del suo futuro. I precedenti non giocano a favore della Salis: storicamente, infatti, Bruxelles conferma l’immunità solo per tutelare gli eletti dai reati compiuti durante il mandato parlamentare.