Alla democrazia, i tunisini non vogliono abituarsi. Conta relativamente che siano stati i primi a scatenare le primavere arabe con la loro rivoluzione dei gelsomini. Tutte dinamiche politiche e sociali che si sono rivelate inutili, dei fallimenti storici, se il risultato è che ora più di nove elettori su dieci, invece di recarsi alle urne, preferiscono rimanere a casa e boicottare le elezioni per fare un dispetto al presidente della Repubblica, Kais Saied.
IL BOICOTTAGGIO
Potevano sconfiggerlo con le schede e le preferenze, previa presentazione di liste di candidati. Non ne sono stati capaci, ma ora pretendono che sia il capo dello Stato a dimettersi. Con l'astensione le opposizioni ritengono di averlo delegittimato. A dar loro voce sono i Fratelli Musulmani, attraverso il partito Ennahda. Guarda caso, la figlia del loro fondatore, ha ottenuto finanziamenti dal Qatar per un milione 156.162 euro per la Ong "Rete europea contro il razzismo". Con i proventi della vendita di gas, l'emirato di Doha è in grado di comprarsi non solo o mondiali di calcio e i deputati europei, ma anche gli astensionisti tunisini. Poi la forza d'inerzia fa il suo ruolo. Abir Moussi, la leader del Partito dei costituzionalisti liberi (Pdl), formazione della destra laica tunisina, ieri ha chiesto la convocazione di elezioni presidenziali anticipate secondo standard internazionali e le dimissioni del governo guidato dalla premier Najla Bouden. Ma anche gli altri partiti tifano per una soluzione all'insegna del "tanto peggio tanto meglio". La formazione di centro-destra Afek Tounes chiede lo svolgimento di elezioni presidenziali anticipate per aprire la strada a una nuova fase di vere riforme. Anche il Fronte di salvezza nazionale invoca elezioni presidenziali anticipate supervisionate da un organismo imparziale. Sono riusciti a isolare Kais Saied, abbandonato infine anche dal Fondo monetario internazionale (Fmi), che ha inflitto il colpo di grazia ritardando l'approvazione finale del maxi-prestito di 1,9 miliardi di euro prevista il 19 dicembre.
Le probabilità di far precipitare la Tunisia nel caos precedente della corruzione e della crisi economica e sociale sono altissime. Un tempo, i giovani nordafricani avevano due alternative di fronte alla disoccupazione e alla mancanza di prospettive future: espatriare illegalmente oppure arruolarsi nello Stato islamico come terroristi. Ora la seconda strada non è più percorribile perché il Califfato è stato sconfitto militarmente e non sono più poi così numerosi i volontari della morte. Rimane la possibilità di invadere l'Europa attraverso la migrazione fino a islamizzarla del tutto. «Grazie alle vostre leggi democratiche vi invaderemo; grazie alle nostre leggi religiose vi domineremo», avevano già spiegato alcuni dignitari musulmani turchi al vescovo di Smirne, Giuseppe Germano Bernardini, che lo rivelò nel 1999.
LA CONQUISTA
Ora il movimento si è fatto più veloce a causa dell'inverno demografico e all'invecchiamento della popolazione cristiana, mentre il Qatar sostiene gli sforzi di dawa, l'annuncio del Corano finanziando moschee a colpi di miliardi, come hanno documentato già tre anni fa i giornalisti francesi Christian Chesnot e Georges Malbrunot nel loro Qatar Papers. Il Libro nero dell'islam. Nessuno si oppone, nemmeno chi è riuscito a rimanere immune dalla corruzione, perché sulle sorti del Vecchio Continente pende un ricatto: il flusso di gas dall'Emirato verso l'Europa potrebbe interrompersi e allora non rimarrebbe altro che una dipendenza energetica esclusiva dagli Stati Uniti.