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Bce, l'agguato ai Btp italiani: i nostri risparmi in fumo

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Michele Zaccardi
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Lo spread è tornato ai livelli di aprile, i rendimenti dei titoli di Stato si sono tuffati sotto la soglia del 4% e la borsa ha recuperato tutte le perdite registrate dallo scoppio della guerra in Ucraina. La catastrofe finanziaria vaticinata, e talvolta auspicata, dai gufi di sinistra che imperversano nelle trasmissioni televisive non si è verificata. Insomma, nonostante la drammatica situazione internazionale, tra recrudescenza del Covid e lo sclerotizzarsi del conflitto ucraino, si potrebbe stare tranquilli. Se non fosse per la Lagarde. 

 


La governatrice della Bce, infatti, ce l'ha messa tutta per azzoppare il clima di fiducia degli operatori economici a botte di rialzi dei tassi di interesse, annunci schizofrenici e retromarce improvvise (si pensi allo scudo anti-spread, nato solo per mettere una pezza a una sua gaffe in una conferenza stampa). Per averne una prova è sufficiente guardare a come si è comportato il differenziale tra Btp e Bund durante la seduta di ieri. Dopo una partenza brillante, con lo spread che è sceso a 178 punti base e il rendimento del decennale italiano al 3,87%, è bastata la diffusione del consueto bollettino della Bce per tagliare le gambe agli acquisti. Da lì, infatti, il differenziale è risalito, per chiudere, seppur in leggero calo, a 183 punti base (+0,34% rispetto a mercoledì), con il Btp a pagare il 3,98%. Certo, a raffreddare gli entusiasmi è stata anche la frenata, giudicata dagli operatori non soddisfacente, dell'inflazione Usa, che prelude a ulteriori rialzi dei tassi da parte della Fed. Ma a incidere è stato soprattutto il bollettino di Francoforte, nel quale il Consiglio direttivo ha rimarcato la propria intransigenza nel proseguire con la stretta monetaria. Per «assicurare un ritorno tempestivo dell'inflazione all'obiettivo del 2 per cento nel medio termine», si legge nel documento, la Bce «ritiene che i tassi di interesse debbano ancora aumentare in misura significativa a un ritmo costante per raggiungere livelli sufficientemente restrittivi». In altre parole, la fine degli aumenti del costo del denaro è rinviata a data da destinarsi. La corsa dei prezzi, infatti, preoccupa ancora. Secondo le proiezioni degli economisti di Francoforte, sebbene in ritirata al 9,2% a dicembre contro il 10,1% del mese precedente, l'inflazione continua a essere eccessivamente elevata, con il rischio concreto che si mantenga «su un livello superiore all'obiettivo per un periodo di tempo troppo prolungato». Inoltre, il calo che si è registrato è dovuto esclusivamente alla riduzione delle quotazioni dell'energia e non, invece, alla componente di fondo.

 


PREZZI SEMPRE CALDI Nel 2022, l'inflazione media annua è stimata all'8,4%. Dovrebbe scendere al 6,3% quest' anno per poi attestarsi al 3,4% nel 2024 e al 2,3% nel 2025. Quella di fondo, ovvero calcolata al netto di energia e alimentari, è stimata invece al 3,9% per il 2022 e al 4,2% per l'anno in corso (2,8% nel 2024 e 2,4% nel 2025). Da qui le ragioni dietro un'ulteriore accelerazione della stretta, che finora ha comportato un rialzo dei tassi, incollati a zero fino a inizio luglio, di 250 punti base, e che, a partire da marzo, riguarderà anche il bilancio della Bce. Verranno infatti lasciati scadere, senza essere rinnovati, circa 15 miliardi di bond al mese. Cifra che potrebbe poi aumentare. Con 350 miliardi di euro di titoli di Stato a media e lunga scadenza da piazzare sul mercato, per l'Italia si prospetta dunque un anno complicato. Eppure, come detto, nelle ultime settimane lo spread si è ridotto e così il rendimento dei Btp, che dal 4,3% di inizio anno è calato al 3,98%. Era al 4,50% la scorsa settimana. A favorire la discesa dei corsi è stata l'indiscrezione, pubblicata da Bloomberg, sulla proposta dell'Spd, il partito del cancelliere Olaf Scholz, di creare un fondo europeo in risposta al piano di sussidi per la transizione ecologica da 370 miliardi di euro varato dall'amministrazione Usa. Nel documento si legge che Berlino chiederà all'Ue di introdurre «nuovi strumenti finanziari comuni». 

Al momento è solo una bozza ma, se dovesse ricevere l'imprimatur di Bruxelles, la proposta tedesca permetterebbe anche ai Paesi con minori spazi di bilancio come il nostro di sostenere le imprese nella riconversione ecologica. Sia Berlino che Parigi, del resto, hanno vissuto con fastidio l'Inflation Reduction Act statunitense, ritenendolo un'indebita violazione della concorrenza tra le due sponde dell'Atlantico. I dettagli del piano non sono ancora noti, non si sa ad esempio se i finanziamenti saranno a fondo perduto o prestiti, ma il nuovo meccanismo dovrebbe ruotare attorno alla Banca europea degli investimenti (Bei). Certo, prima di arrivare a qualcosa di concreto ci vorranno mesi, senza contare che bisognerà vincere le resistenze di alcuni Stati membri, soprattutto nel Nord Europa. Tuttavia, il prossimo mese è già fissato un incontro dei leader Ue sulla risposta al pacchetto di aiuti americano. Chissà che non ne esca l'embrione di un nuovo fondo comune sulla scorta del Next Generation Eu, magari utile a rassicurare gli investitori dai passi falsi della Bce.

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